sabato 6 dicembre 2014
Rapporto Censis e lo spreco del patrimonio culturale
Anche se non strettamente connesso al tema della sicurezza sul lavoro mi sembra importante accennare al rapporto del Censis apparso in questi giorni ed in particolare alla parte che affronta il tema del lavoro nel settore culturale.
Secondo il CENSIS l'Italia non spreca solo le sue energie umane migliori, ma anche un patrimonio culturale che pone il nostro Paese al primo posto nella graduatoria dei siti Unesco. Se ne occupano infatti solo 304.000 lavoratori, l'1,3% del totale, la metà di quelli degl Regno Unito (755.000) e della Germania (670.000), ma molto meno anche dei 409.000 della Spagna. I risultati sono evidenti in termini economici: nel 2013 il settore della cultura produceva un valore aggiunto di 15,5 miliardi di euro, contro i 35 miliardi di euro della Germania e i 27 della Francia. Calano anche i consumi culturali interni, visto che gli italiani sono costretti a tagliare su tutto: la quota di chi è andato a visitare un museo o una mostra è passata dal 30,1% del 2010 al 25,9% del 2013, mentre quella di chi ha visitato siti archeologici e monumenti dal 23,2% al 20,7% e di chi ha assistito a uno spettacolo teatrlae dal 22,5% al 18,5%.
Alla luce di questo poco sorprendente rapporto voglio esprimere preoccupazione per le difficoltà in cui versa oggi il settore del teatro. I continui tagli al Fondo Unico per lo spettacolo (FUS) e i tagli del personale stabile hanno messo in ginocchio l’intero settore. Lo spettacolo ma soprattutto il teatro vivono grazie ai finanziamenti pubblici ed un paese civile con il più grande patrimonio artistico e culturale del mondo non può venir meno a questo compito. Se però analizziamo la percentuale di PIL che lo Stato italiano destinata alla cultura ci rendiamo subito conto che è nettamente inferiore a quello che destinano gli altri Paesi della UE.
Durante il secondo conflitto mondiale fu chiesto a Winston Churchill di tagliare i fondi all’arte per finanziare lo sforzo bellico. La sua risposta fu: “E allora noi per cosa combattiamo?”.
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