venerdì 24 febbraio 2012


Informo i lettori di questo Blog della nascita di un nuovo sito internet dedicato a tutti gli appassionati di teatro e soprattutto agli addetti ai lavori.
Il sito si chiama "CHIEDITEATRO" e dalla Homepage vediamo subito di cosa tratta:

Il teatro e lo spettacolo dal vivo sono un settore fatto di tante persone, lavoratori, aziende, freelance, giovani, meno giovani, artigiani, artisti, mestieranti, appassionati, apprendisti, esperti che condividono il mestiere e la passione per tutto quello che ruota attorno ad un palcoscenico, sia esso uno spazio convenzionale oppure non convenzionale, in cui le idee artistiche prendono vita e incontrano un pubblico fatto di altrettante persone vive. Chiediteatro è questo e molto altro ancora.

Il sito presenta diversi argomenti tra cui troviamo:

News e articoli;
aziende;
freelance;
i mestieri del teatro;
corsi e master;
community;
cartellone.

Con la nascita di questo interessante sito si arricchisce l'informazione e lo scambio per tutti coloro che vivono il teatro. Faccio i complimenti alla redazione a cui vanno tutti i migliori auguri di questo Blog!

Giuseppe Patti

domenica 5 febbraio 2012

L’illuminazione di servizio e di sicurezza nei locali di pubblico spettacolo


Questo post è tratto da un mio articolo pubblicato sul n. 6/2010 della rivista Backstage edita da Tecniche Nuove Milano.

Al contrario delle luci di scena, che rientrano nella parte artistica di uno spettacolo, l’illuminazione di servizio, le luci blu e le luci di emergenza vengono posizionate in base a criteri strutturali e di sicurezza. Le norme di buona tecnica ci dicono che la zona di lavoro deve essere ampia, ben illuminata e priva di ostacoli. Come sappiamo invece in scena si opera spesso in condizioni di scarsa illuminazione e in spazi ristrettissimi e da un antico detto dei macchinisti capiamo subito qual’è il punto di partenza: "un bravo macchinista deve saper lavorare anche al buio!".

Quando entriamo in un palcoscenico ci veniamo a trovare in un mondo particolare dove è facile imbattersi in situazioni di potenziale pericolo e delle volte al di fuori delle regole. Tra i rischi presenti in un locale dove si fa spettacolo troviamo quello dell’illuminazione che spesso non copre uniformemente l’ambiente di lavoro.
A stabilire i requisiti di illuminotecnica relativi ai luoghi di lavoro ci pensa la Norma UNI EN 12464-1 che, pur non occupandosi di aspetti di salute e sicurezza, ci fornisce utili riferimenti per stabilire i criteri per una corretta illuminazione al fine di ottenere il miglior livello di confort visivo. Di salute e sicurezza si occupa invece il Titolo II del D.Lgs. 81/08 dove l’art. 62 al punto 1 lettera a), ci fornisce una definizione di luoghi di lavoro intesi come “luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva, nonché ogni altro luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro”. L’art. 63 ci dice sommariamente quali devono essere i requisiti di salute e sicurezza di un luogo di lavoro e ci rimanda all’Allegato IV che vi entra nello specifico. Al fine del nostro lavoro ci interesserà considerare la parte relativa al punto 1.10 dell’allegato IV che recita: “a meno che non sia richiesto diversamente dalle necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso, tutti i predetti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere dei lavoratori”. Per descrivere e valutare l’illuminazione di un ambiente di lavoro facciamo riferimento ad alcune grandezze fondamentali tra cui:
- il flusso luminoso ossia la quantità di energia luminosa emessa da una determinata sorgente nell'unità di tempo. L'unità di misura è il lumen (lm);
- l’efficienza luminosa ossia il rapporto tra il flusso luminoso totale, emesso da una sorgente e la potenza totale in ingresso alla sorgente stessa. Questa grandezza è normalmente espressa in lumen/watt;
- l’illuminamento che, facendo riferimento ad una superficie illuminata, esprime il flusso luminoso che raggiunge l’unità di tale superficie. Questo si misura normalmente in lux;
- l’intensità luminosa ossia la grandezza che esprime il flusso luminoso di una sorgente in una determinata direzione. Essa viene espressa in candele;
- la luminanza che, facendo riferimento all’unità di superficie che emette o riflette luce, esprime il rapporto tra l’intensità luminosa, prodotta in una determinata direzione e l’area di proiezione di questo elemento di superficie nella direzione prescelta. Essa fa riferimento alla sensazione relativa di luminosità provata osservando la porzione di superficie in esame e confrontando la stessa con le superfici adiacenti. Questa grandezza è normalmente espressa in nit e viene indicata con Lv la cui unità di misura è la candela al metro quadrato (cd/m2).

Quando effettuiamo una valutazione fotometrica di un luogo di lavoro e cioè quantificano l'emissione luminosa in termini della risposta del sistema visivo umano, il quale presenta sensibilità non uniforme alle diverse lunghezza d’onda, la grandezza
più importante è la luminanza perché è direttamente correlata alla percezione visiva. In fotometria viene definita superficie di Lambert, dal nome del fisico Johann Heinrich Lambert, quella particolare superficie per la quale la luminanza è costante in tutte le direzioni.

L’illuminazione durante i montaggi e gli smontaggi:
La maggior parte delle scenografie moderne vengono realizzate in legno e ferro e richiedono quindi un assemblaggio eseguito mediante bulloni e dadi di piccole dimensioni. La Norma ISO 8995 definisce queste procedure come “compiti con requisiti visivi di precisione” e prevede un illuminamento compreso tra 500 e 1000 lux. Al fine di ottenere una buona illuminazione è necessario dotarci di un impianto luci di servizio di tipo industriale regolato da quadri elettrici ed interruttori.
I corpi illuminanti (solitamente dotati di lampade a scarica, ma anche le alogene ed i neon sono molto usati) devono essere posizionati in modo da non essere coperti dalle parti di scenografia (comprese le quinte). Per questo motivo è utile decidere la loro posizione in fase di progettazione. Il palcoscenico, i ballatoi e la graticcia devono essere illuminati da una luce generale che non lasci alcuno spazio buio.

L’illuminazione di servizio durante le prove:
Durante le prove (compresi i puntamenti delle luci) sarebbe opportuno non eseguire altri lavori ma spesso, a causa dei tempi ristretti, si rende necessario che coloro che in quel momento non si trovano impiegati nelle prove si occupino di altri lavori.
In questo caso devono essere presenti luci localizzate che illuminino le aree di lavoro. Nel caso in cui non esista la possibilità di ottenere una illuminazione di questo tipo (pensiamo ad una scena che prenda tutto lo spazio) è meglio non eseguire altri lavori. L’organizzazione del lavoro dovrebbe essere pianificata affinché si riduca al minimo indispensabile l’attività non connessa alle prove in corso.




L’illuminazione di servizio durante gli spettacoli:
Luci blu e illuminazione d’emergenza.
Tutti i teatri sono dotati di un impianto di luci blu indipendente dagli altri impianti. Questo illumina tutti gli spazi generalmente chiamati “dietro le quinte” ed è costituito da una serie di punti luce (molto usate sono le tartarughe) che montano lampade a tungsteno ultimamente sostituite da quelle a basso consumo o led. In base alle esigenze della scena o alla posizione delle quinte, i servizi blu possono essere posizionati alle pareti o per terra come segnapasso.
Sempre l’Allegato IV del D.Lgs. 81/08 ci dice che “ I luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolarmente esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di un’illuminazione sussidiaria di sufficiente intensità” (par. 1.10.7.1). Questa illuminazione deve essere fornita con mezzi di sicurezza (generalmente UPS) atti ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessità e deve garantire una illuminazione sufficiente per intensità e durata. Nel caso in cui questi dispositivi non prevedano l’attivazione automatica, i dispositivi di accensione devono essere facilmente raggiungibili e le istruzioni devono essere rese manifeste al personale mediante appositi avvisi (par. 1.10.7.3).
Il dubbio sulla differenza tra illuminazione di sicurezza ed illuminazione di emergenza viene chiarito, in via definitiva, con l’entrata in vigore della Norma UNI EN 1838 (sull’illuminazione di emergenza) del marzo 2000 che definisce in maniera chiara e sintetica quali siano i tipi di illuminazione più idonea, distinguendone le varie funzioni.

L’illuminazione di emergenza è quella che entra in funzione quando viene a mancare quella principale. Questa viene alimentata da una sorgente di energia indipendente (UPS o gruppo elettrogeno) e comprende sia l’illuminazione di sicurezza che quella di riserva.

L’Illuminazione di sicurezza fornisce un livello di illuminazione adeguato alla mobilità in sicurezza delle persone. Essa deve, non solo rendere visibile il locale, ma anche illuminare le indicazioni segnaletiche poste sulle uscite e lungo le vie di esodo, in modo da identificare in maniera immediata il percorso da seguire per giungere in un luogo sicuro. Nei locali di spettacolo e di trattenimento in genere con capienza superiore a 100 posti il sistema di illuminazione di sicurezza deve garantire una affidabile segnalazione delle vie di esodo, deve avere alimentazione autonoma, centralizzata o localizzata, che, per durata e livello di illuminamento, consenta un ordinato sfollamento. Il DM 19/08/96, al titolo XIII recita che: “L'alimentazione di sicurezza deve essere automatica ad interruzione breve (minore o uguale a 0,5 s) per gli impianti di rivelazione, allarme e illuminazione. Il dispositivo di carica degli accumulatori deve essere di tipo automatico e tale da consentire la ricarica completa entro 12 ore. L'impianto di illuminazione di sicurezza deve assicurare un livello non inferiore a 5 lux ad un metro di altezza dal piano di calpestio lungo le vie di uscita, e non inferiore a 2 lux negli altri ambienti accessibili al pubblico”.
Da questo Decreto sono esclusi i luoghi all'aperto (piazze e aree urbane prive di strutture specificatamente destinate allo stazionamento del pubblico per assistere a spettacoli e manifestazioni varie, anche con uso di palchi o pedane per artisti, purchè di altezza non superiore a m 0,8 e di attrezzature elettriche, comprese quelle di amplificazione sonora, purché installate in aree non accessibili al pubblico);
i locali, destinati esclusivamente a riunioni operative, di pertinenza di sedi di associazioni ed enti; i pubblici esercizi dove sono impiegati strumenti musicali in assenza dell'aspetto danzante e di spettacolo; i pubblici esercizi in cui è collocato l'apparecchio musicale “karaoke” o simile, a condizione che non sia installato in sale appositamente allestite e rese idonee all'espletamento delle esibizioni canore ed all'accoglimento prolungato degli avventori, e la sala abbia capienza non superiore a 100 persone; i pubblici esercizi dove sono installati apparecchi di divertimento, automatici e non, in cui gli avventori sostano senza assistere a manifestazioni di spettacolo (sale giochi).

L’illuminazione di riserva serve per continuare, senza sostanziali interruzioni, le stesse attività che si stavano facendo durante il funzionamento dell’illuminazione normale. Solitamente serve per consentire agli apparecchi computerizzati (ad esempio le consolle luci ed i mixer audio) di salvare il lavoro svolto senza rischiare di perdere gli ultimi dati.

L’illuminazione rappresenta uno dei principali fattori ambientali atti ad assicurare il benessere nei luoghi di lavoro. Avere una corretta illuminazione contribuisce all'incremento della produttività, migliora il clima aziendale e riveste grande importanza nella prevenzione degli infortuni sul lavoro. Se possibile è importante privilegiare l’illuminazione naturale e proprio per questo è utile curare la manutenzione dei dispositivi che consentono di aprire e chiudere le tende (anche se poste ad altezze elevate) e fare in modo che le parti di scenografia non ostacolino l’apertura delle stesse. Affrontare tutto questo in fase di progettazione ci consentirà di ottenere ottimi risultati con un notevole risparmio di tempo.

Giuseppe Patti

mercoledì 1 febbraio 2012

I dispositivi di protezione individuale


In questo post, tratto da un mio articolo pubblicato sul n.4/2010 della rivista BACKSTAGE edita da Tecniche Nuove Milano, andremo a trattare a grandi linee tutto quello che riguarda i dispositivi di protezione individuale comunemente noti come DPI.


Al Titolo III capo 2 del D.Lgs. 81/08 viene affrontata tutta la parte relativa ai dispositivi di protezione individuale comunemente noti come DPI.
All’art. 75 vediamo che “ I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi o procedimenti di riorganizzazione del lavoro”.
Il datore di lavoro ha infatti il compito di effettuare diversi passaggi prima di ricorrere all’uso dei DPI.
In primo luogo deve valutare se, attraverso misure specifiche, sia possibile eliminare il potenziale fattore di rischio; in secondo luogo deve verificare l’efficacia delle misure tecniche, organizzative e procedurali messe in atto. Solo nel caso in cui le misure adottate non consentano di eliminare tutti i rischi allora si dovrà ricorrere ai sistemi di protezione individuali.
Il compito di valutarne l’adeguatezza e la loro fornitura spetta al datore di lavoro in base all’ art. 77 del D.Lgs. 81/08 (Obblighi del datore di lavoro).
I DPI sono quindi obbligatori solo quando il rischio non può essere eliminato o ridotto in termini di accettabilità. Essi devono essere conformi alle norme di cui al D.Lgs. 4 dicembre 1992, n. 475 (che recepisce la direttiva 89/686/CEE, che riporta le caratteristiche tecniche di questi dispositivi a cui debbono fare riferimento in modo vincolante i progettisti ed i costruttori) e sue successive modificazioni (art. 76 del D.Lgs. 81/08 – Requisiti dei DPI -).
La condizione di utilizzo da parte del lavoratore è fortemente assoggettata alla loro ergonomia . Più comodo sarà e più facilmente verrà indossato.
Scegliere un DPI non è una cosa semplice soprattutto in un settore come quello dello spettacolo. In questo campo i rischi sono spesso diversi e proprio per questo motivo è necessaria un’attenta ed approfondita analisi da farsi volta per volta, allestimento dopo allestimento, piazza dopo piazza.
Prima di entrare nello specifico di quali sono i DPI più utilizzati è utile capire quali attrezzature sono considerati DPI e quali no .
All’ art. 74 del D.Lgs. 81/08 vediamo che “si intende per dispositivo di protezione individuale, di seguito denominato “DPI”, qualsiasi attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciarne la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo”.
Lo stesso articolo precisa al punto 2 quali attrezzature non sono DPI e cioè:
a) gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore; b) le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio; g) gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi. Ho volutamente saltato i punti che non rientrano nell’argomento da noi trattato.
Vediamo ora quali sono quelli più utilizzati nel settore dello spettacolo considerando che fatta eccezione per le scarpe antinfortunistica, che il lavoratore dovrebbe sempre indossare, gli altri DPI posso essere usati o non usati in base all’esposizione al rischio e comunque sempre a discrezione del datore di lavoro, del proposto e dello stesso lavoratore. Si rende utile una ulteriore precisazione e cioè che tutti i DPI, devono rispondere alle norme di “buona tecnica” UNI.

Caschi: L’ergonomia sui caschi è fondamentale. Il peso di un buon casco è di circa 380 grammi. UNI-EN 397 è la norma europea relativa ai caschi per l’industria e l’edilizia i quali vengono utilizzati anche nel settore dello spettacolo. Secondo questa norma, il casco di protezione è composto da una calotta esterna e da un rivestimento interno. L’effetto protettivo del casco di protezione è basato sulla sua capacità di attutire gli urti tramite deformazione elastica e plastica, nonché sulla sua resistenza alla perforazione da oggetti acuminati o taglienti.
Scarpe: Il primo quesito che ci si pone davanti è: scarpe conduttive, antistatiche o dielettriche?
Le scarpe conduttive sono indicate nel caso in cui si voglia scaricare a terra la carica elettrostatica accumulata, evitando così scintille pericolose quando si lavora nei pressi di atmosfere esplosive. Le scarpe antistatiche offrono un buon isolamento da terra per la maggior parte dei lavori in bassa tensione e sono quindi consigliate per tutti i tipi di lavori tranne per i lavori svolti sotto tensione dove è invece necessario l'utilizzo di scarpe dielettriche. Le scarpe più utilizzate nel nostro settore sono le antistatiche con lamina antiforo, tallone con assorbimento di energia e puntale resistente; le S1P rispecchiano queste caratteristiche.
Guanti: Si sconsiglia l’utilizzo dello stesso tipo di guanto per tutti i tipi di lavorazione. E’ necessario fornirsi di guanti diversi in base al lavoro svolto.
Sui guanti di protezione si applica la norma UNI-EN388 per quanto riguarda le aggressioni fisiche e meccaniche tramite l'abrasione, il taglio da lama, la perforazione e lo strappo. Questa norma non si applica ai guanti antivibrazione.
Imbracature: Anche in questo caso si consiglia l’imbracatura più adatta al tipo di lavoro che si svolge. L’imbracatura può essere usata per lavori in quota o può essere usata soltanto come sicurezza in caso di caduta accidentale.
I riferimenti sono la UNI-EN 361 e la EN 358.
Paracaduti: Valutare sempre la lunghezza della fune (ne esistono di diverse misure) in base alla distanza tra il punto di aggancio e l’imbracatura evitando così prolungamenti con corde o funi che altererebbero il DPI.
Riferimenti UNI-EN 360 (sistema arresto caduta di tipo retrattile).
Otoprottettori: Anche in questo caso si consiglia l’otoprotettore più adatto al tipo di lavoro che si svolge. Devono essere utilizzati quando i limiti di esposizione al rumore superano o si avvicinano alla soglia del rischio. Attenzione sempre all’isolamento acustico che può causare problemi nel caso in cui si lavori a contatto con altri lavoratori (cosa che spesso accade). Sentire quello che accade intorno a noi è importante per evitare incidenti.
Occhiali e maschere: Anche in questo caso si consiglia l’occhiale o la maschera protettiva più adatta al tipo di lavoro che si svolge. La norma di riferimento è la UNI-EN 166 –165 –170 -172 che ne definisce i requisiti costruttivi.
Mascherine protettive: La norma europea sui respiratori per polveri senza manutenzione è la UNI-EN149. Questa norma europea è stata recentemente rivista e per i respiratori di nuova produzione la EN 149/01 sostituisce la EN 149/91.


Tutti i lavoratori, in base all’ art. 78 del D.Lgs. 81/08 (Obblighi dei lavoratori), devono averne cura, non devono apportarvi modifiche di propria iniziativa, devono riconsegnare gli stessi al termine del loro utilizzo seguendo le procedure aziendali e devono “segnalare immediatamente al datore di lavoro o al dirigente o al preposto qualsiasi difetto o inconveniente da essi rilevato nei DPI messi a loro disposizione”.
Il datore di lavoro deve comunque , prima di consegnare i DPI, attivare la formazione e fornire tutte le informazioni utili ai fini di un loro uso corretto e consapevole in base all’art. 77, punti e ed h, del D.Lgs. 81/08.

GIUSEPPE PATTI