giovedì 26 giugno 2008

Graticcia dei teatri storici

Questo articolo è tratto dall'allegato N. 14 del 22 Luglio 2003 del Sole 24 Ore, curato da Luigi Galli ingegnere presso il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali. Ringrazio l'ingegnere Marco Stanghellini per avermi dato questo articolo.

Gli sforzi sono orientati a coniugare la conservazione dei beni culturali e la tutela dei lavorati

Utilizzo in sicurezza della graticcia dei teatri storici: una commissione consultiva ha già elaborato il decreto

Spesso le opere sulle quali si interviene non sono in grado di offrire soluzioni tali da facilitare le situazioni di sicurezza sul lavoro soprattutto nel caso di interventi di ristrutturazione e manutenzione. E' questo il caso della graticcia dei teatri storici italiani consistente in un sistema di assi di legno, posto al di sopra del palcoscenico. Un gruppo di lavoro ad hoc, nominato nell'ambito della Commissione Consultiva Permanente per la Prevenzione degli infortuni e l'Igiene del Lavoro ha elaborato una bozza di decreto cosiddetto "di pari efficacia" in base all'art. 28, comma 1, lettera a), del D.Lgs. n. 626/1994; questo testo cerca di risolvere i problemi di sicurezza sul lavoro posti dall'utilizzo della graticcia in fase di movimentazione delle scene prima e durante lo spettacolo.

La conservazione dei beni culturali passa attraverso complesse procedure scientifiche e gestionali, che spesso sfociano nella realizzazione di cantieri, più propriamente edili nel caso di restauro di beni architettonici, ovvero di restauro nel senso più classico dove si tratta di beni pittorici, scultorei o simili. In ogni caso, è fuori discussione una certa centralità del cantiere in quella che è senz'altro l'attività che coinvolge la più grande ricchezza che il nostro Paese detiene.

Non è stato ancora indagato a fondo, non solo in letteratura, ma neanche nella prassi quotidiana, il rapporto esistente tra la progettazione della sicurezza del lavoro in un cantiere di restauro/conservazione e la strategia di conservazione dei beni su cui si vuole intervenire.

Se da una parte è chiaro che l'intervento di restauro/conservazione del bene viene concepito per preservare il bene stesso, ed evitare inoltre ogni danneggiamento - anche casuale delle opere oggetto dell'intervento o di quelle potenzialmente esposte a danni anche se non oggetto di intervento, non è altrettanto chiaro come la progettazione della sicurezza in un cantiere di restauro/conservazione di beni culturali possa influenzare la gestione del bene stesso.

Eppure è cosi.

Si pensi ad esempio alle difficoltà di inserire un ponteggio all'interno di una chiesa: solo da pochi anni i più moderni tipi di ponteggio (cosiddetti a montanti e traversi prefabbricati, o multidirezionali) possono essere posizionati nella cupola e nelle navate lasciando un ampio passaggio all'interno della navata centrale, per permettere non solo la fruizione della chiesa, ma addirittura la prosecuzione del culto. Prima dell'arrivo sul mercato di questi ponteggi il problema era risolvibile con molte difficoltà, con le conseguenze immaginabili per la gestione del patrimonio architettonico.

Ma l'influenza del cantiere e del suo bagaglio di procedure inerenti alla sicurezza sul lavoro non si ferma solamente all'interazione temporale tra il cantiere e il bene culturale o architettonico, ma va ben oltre la vita del cantiere grazie al fascicolo dell'opera previsto dall'art. 4 del decreto legislativo n. 494/1996.

In breve, il fascicolo viene compilato dal coordinatore della sicurezza per l'esecuzione dell'opera, e consiste in un dettagliato progetto degli apprestamenti di sicurezza da mettere in atto al momento dei futuri interventi di manutenzione sull'opera. Questa problematica, ancora poco conosciuta e dibattuta nonostante l'obbligatorietà del fascicolo per tutti i cantieri, tranne per quelli di manutenzione ordinaria, ha, o dovrà avere, profonde ripercussioni sulla vita futura delle opere sulle quali si interviene. In altri termini, mentre si progetta l'intervento su un'opera occorre prevedere i futuri interventi di manutenzione, risanamento, conservazione dell'opera medesima, ed evitare le misure/procedure/apprestamenti/dispositivi di protezione individuale che saranno necessari in quell'occasione. In qualche maniera, si tratta di ripensare le caratteristiche dell'opera in funzione della sicurezza degli operatori che dovranno intervenire su di essa. In tal senso, quindi, è possibile, se non obbligatorio ai sensi di legge, proporre al committente dell'opera quelle modifiche necessarie, ovviamente nel rispetto delle caratteristiche storico-culturali dell'opera stessa, per rendere possibile tutto ciò.

Naturalmente non è detto che il bene - specie se architettonico - sul quale si interviene sia in grado di offrire soluzione tali da facilitare la situazione di sicurezza sul lavoro nel caso di interventi futuri: è, infatti, chiaro che interventi strutturali, come ad esempio l'installazione di dispositivi di protezione collettiva (parapetti fissi, parapetti mobili, attacchi per DPI anticaduta, ecc.), non sono sempre sempre possibili in situazioni che vedono la preminenza, anche dal punto di vista normativo, della conservazione del bene.

E' questo il caso, volendo esemplificare, della graticcia dei teatri storici italiani, consistente in un sistema di assi in legno, posto al di sopra del palcoscenico nei teatri costruiti in Italia (e non solo) negli ultimi trecento anni.

Questa vera e propria graticciata lignea serviva e serve per movimentare le scene prima e durante lo spettacolo, sollevando quelle che devono essere tolte dal palcoscenico, ed abbassando quelle che devono costituire il nuovo quadro. Ebbene questa struttura lignea viene utilizzata come piano di lavoro dai cosiddetti macchinisti di graticcia, che vi si recano sopra per modificare la posizione delle funi che sostengono le scenografie ed eseguire altre operazioni di scenotecnica.

Con l'entrata in vigore del D.Lgs n. 626/1994, ed in seguito dell'effettuazione della valutazione dei rischi prevista da tale decreto legislativo, presso i tantissimi teatri storici italiani si è appurato che la graticcia, intesa come piano di lavoro, non rispetta alcune prescrizioni normative contenute nei D.P.R. n. 547/1995 e 303/1956.

L'impasse era - ed è tuttora - cosi carica di implicazioni per questi apparati scenotecnici, annoverati a pieno diritto nel patrimonio oggetto di tutela da parte delle competenti amministrazioni nel campo dei beni culturali, che del problema è stata investita la Commissione Consultiva Permanente per la Prevenzione degli Infortuni e l'Igiene del Lavoro.

Un gruppo di lavoro ad hoc, nominato nell'ambito della suddetta Commissione, coordinata dallo scrivente, ha elaborato una bozza di decreto cosiddetto "di pari efficacia" in base all'art. 28, comma 1, lettera a), del D.Lgs n. 626/1994. Tale bozza di decreto cerca di risolvere i problemi di sicurezza sul lavoro posti dall'utilizzo della graticcia dei teatri storici, pur mantenendo integre le caratteristiche strutturali e funzionali della stessa.

La bozza di decreto è stata approvata dalla Commissione Consultiva, ma e tuttora - ormai da svariato tempo - presso i competenti uffici ministeriali, in attesa di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale.

La strada per la tutela dei beni culturali integrata in un più ampio panorama scientifico e sociale non sarà priva di difficoltà.

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