Tra i primi documenti che trattarono di Salute del Lavoro troviamo quello del medico inglese, il Dr. Thackrah che pubblicò nel 1831 uno studio molto significativo per l'epoca: "Gli effetti dei principali impieghi, mestieri e professioni, dei costumi e delle condizioni di vita, sulla salute e la longevità. Il Dottor Thackrah formulò anche diverse proposte per l'eliminazione dei molteplici agenti responsabili delle malattie e della riduzione della durata della vita".
In Italia negli anni del dopoguerra la medicina del lavoro era organizzata in varie strutture ed enti, generalmente scollegati tra loro:
• gli istituti universitari, che facevano ricerca sui rischi per la salute, diagnosi e terapia delle malattie professionali i quali solo saltuariamente intervenivano nei luoghi di lavoro su richiesta delle Aziende stesse;
• l'INAIL (Istituto Nazionale per l'Assicurazione degli Infortuni sul Lavoro) che gestiva (e gestisce tuttora) l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.
• l'Ispettorato del lavoro con compiti di vigilanza sull'applicazione delle norme di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro. Faceva capo al Ministero del lavoro e controllava anche l'applicazione delle leggi sul salario, dei contratti di lavoro e il regolare versamento dei contributi;
• l'ANCC (Associazione Nazionale per il controllo della combustione) che vigilava sull'applicazione
delle norme di sicurezza relativamente agli impianti a pressione ed agli apparecchi e impianti di
combustione;
• l'ENPI (Ente Nazionale per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro) con il compito di svolgere controlli sanitari e tecnici, di promuovere l'informazione e la ricerca, di controllare
ascensori e montacarichi;
• i Patronati sindacali che svolgevano (e svolgono tuttora) funzioni di supporto ai lavoratori
assicurando loro patrocinio, consulenza e assistenza gratuita in tutte le controversie.
• i medici di fabbrica che effettuavano controlli sanitari spesso non mirati ai rischi e talvolta senza
essere mai entrati nei reparti di produzione, con la tendenza a privilegiare la diagnosi e la cura alla prevenzione. Il rapporto tra medico di fabbrica e azienda era inoltre di dipendenza economica e questo significava che il medico rispondeva più alle esigenze delle aziende che ai bisogni dei lavoratori.
L'assenza o quantomeno lo scarso peso dei lavoratori non era casuale ma il frutto di una situazione culturale narcotizzata, che le lotte per la salute sostenute dalla parte più progressista dei lavoratori e del sindacato non riuscivano a smuovere. Infatti le malattie del lavoro e gli infortuni venivano considerati per lo più come parte ineliminabile del lavoro.
Questa era la situazione fino alla fine degli anni 60, quando accaddero una serie di fatti fondamentali che segnarono profondamente la medicina del lavoro sia sotto l'aspetto culturale e organizzativo che sotto quello sociale, sindacale e politico.
Sulla spinta delle dure lotte operaie e studentesche di quegli anni, emerse violentemente l'esigenza di una gestione diretta, in prima persona, dei problemi della salute da parte dei lavoratori e di un modo diverso di fare medicina nella società.
La difesa della salute sul lavoro divenne a quel punto un nodo centrale dell'iniziativa sindacale e
politica, tanto che il Parlamento stesso si trovò costretto a riconoscerne l'importanza, approvando con la legge 300/70 "Statuto dei Lavoratori" l'art. 9 che, rovesciando la logica fino allora dominante, affermava: "I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attivazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica".
Il rapporto quindi, che prima avveniva quasi esclusivamente tra mondo medico-scientifico e padronato, cominciò ad avere un terzo interlocutore, un terzo soggetto, prima considerato solo oggetto: il lavoratore.
Questi decreti, molto corposi e ben costituiti, sono tra i meno applicati nella storia dell'Italia repubblicana, infatti ancora tutt'oggi c'è un numero enorme di infortuni sul lavoro sia in fabbrica che nell'edilizia.
Negli anni dal 1946 al 1966, quelli del boom economico, si sono avuti in Italia quasi 23 milioni di
infortuni e malattie professionali, con 82.000 morti e quasi un milione di invalidi, che significa 4.000 morti all'anno, più di 10 al giorno, più di un morto per ogni ora lavorativa.
Fatti salienti avvenuti nel 1955 anno in cui entra in vigore il D.P.R. n° 547 :
29 aprile Giovanni Gronchi viene eletto Presidente della Repubblica Italiana al quarto scrutinio;
1 giugno a Messina i 6 stati della CECA delineano le tappe per la creazione del Mercato Europeo Comune (MEC) e dell'energia atomica (EURATOM);
22 giugno Antonio Segni forma un nuovo governo;
14 dicembre Sulla base di un progetto del Canada l'Italia entra a far parte delle Nazioni Unite;
20 dicembre La firma dell'accordo bilaterale per il reclutamento della manodopera italiana apre la strada all'emigrazione di massa in Germania. Nei decenni successivi partiranno dall'Italia 4 milioni di connazionali, in gran parte meridionali.
In Italia negli anni del dopoguerra la medicina del lavoro era organizzata in varie strutture ed enti, generalmente scollegati tra loro:
• gli istituti universitari, che facevano ricerca sui rischi per la salute, diagnosi e terapia delle malattie professionali i quali solo saltuariamente intervenivano nei luoghi di lavoro su richiesta delle Aziende stesse;
• l'INAIL (Istituto Nazionale per l'Assicurazione degli Infortuni sul Lavoro) che gestiva (e gestisce tuttora) l'assicurazione contro gli infortuni e le malattie professionali.
• l'Ispettorato del lavoro con compiti di vigilanza sull'applicazione delle norme di prevenzione degli infortuni e di igiene del lavoro. Faceva capo al Ministero del lavoro e controllava anche l'applicazione delle leggi sul salario, dei contratti di lavoro e il regolare versamento dei contributi;
• l'ANCC (Associazione Nazionale per il controllo della combustione) che vigilava sull'applicazione
delle norme di sicurezza relativamente agli impianti a pressione ed agli apparecchi e impianti di
combustione;
• l'ENPI (Ente Nazionale per la prevenzione degli infortuni e per l'igiene del lavoro) con il compito di svolgere controlli sanitari e tecnici, di promuovere l'informazione e la ricerca, di controllare
ascensori e montacarichi;
• i Patronati sindacali che svolgevano (e svolgono tuttora) funzioni di supporto ai lavoratori
assicurando loro patrocinio, consulenza e assistenza gratuita in tutte le controversie.
• i medici di fabbrica che effettuavano controlli sanitari spesso non mirati ai rischi e talvolta senza
essere mai entrati nei reparti di produzione, con la tendenza a privilegiare la diagnosi e la cura alla prevenzione. Il rapporto tra medico di fabbrica e azienda era inoltre di dipendenza economica e questo significava che il medico rispondeva più alle esigenze delle aziende che ai bisogni dei lavoratori.
Le prime e più importanti leggi dello Stato sulla medicina e igiene del lavoro e prevenzione degli
infortuni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro furono introdotte in Italia nel 1942 nel codice
civile, mentre le prime leggi specifiche sull'argomento risalgono agli anni cinquanta. Di particolari
importanza furono il D.P.R. n° 547 del 1955, il D.P.R. n° 303 del 1956 e il D.P.R. n° 164 del 1956 per le costruzioni.
Il primo "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", che fissava la maggior parte delle norme antinfortunistiche, venne integrato l'anno successivo dal DPR 302/56 e seguito poi da altre normative particolari e più specifiche.
Il secondo "Norme generali per l'igiene del lavoro" conteneva la maggior parte della normativa in materia di igiene e medicina del lavoro: le caratteristiche minime degli ambienti di lavoro (altezza, cubatura, superficie, copertura, pavimenti, ricambio d'aria, illuminazione, microclima, difesa dal rumore, dalla sostanze nocive, ecc.), la necessità di parere preventivo in caso di ristrutturazioni, la qualità e quantità dei servizi igienici e sanitari necessari, le tabelle delle lavorazioni considerate nocive per le quali vigeva (e vige tuttora) l'obbligo delle visite preventive e periodiche, ecc.
Il DPR 547/55 è fondamentalmente un manuale tecnico ed al suo interno sono raccolti 700 articoli. La parte centrale del 547 sono le macchine utensili senza distinzioni tra grande industria e piccola fabbrica artigiana. La prevenzione non era presa in dovuta considerazione, anche perchè la tecnologia delle macchine non lo permetteva ancora, bisognerà aspettare il 1996 per l'entrata in vigore del marchio CE.
E' interessante capire il perchè in 50 anni di vita del DPR 547/55 non ci sono mai state voci che ne hanno chiesto l'abrogazione; una prima risposta viene sicuramente dal fatto che mancavano due protagonisti fondamentali: i lavoratori con le loro rappresentanze sindacali e gli enti pubblici locali.infortuni sulla sicurezza dei luoghi di lavoro furono introdotte in Italia nel 1942 nel codice
civile, mentre le prime leggi specifiche sull'argomento risalgono agli anni cinquanta. Di particolari
importanza furono il D.P.R. n° 547 del 1955, il D.P.R. n° 303 del 1956 e il D.P.R. n° 164 del 1956 per le costruzioni.
Il primo "Norme per la prevenzione degli infortuni sul lavoro", che fissava la maggior parte delle norme antinfortunistiche, venne integrato l'anno successivo dal DPR 302/56 e seguito poi da altre normative particolari e più specifiche.
Il secondo "Norme generali per l'igiene del lavoro" conteneva la maggior parte della normativa in materia di igiene e medicina del lavoro: le caratteristiche minime degli ambienti di lavoro (altezza, cubatura, superficie, copertura, pavimenti, ricambio d'aria, illuminazione, microclima, difesa dal rumore, dalla sostanze nocive, ecc.), la necessità di parere preventivo in caso di ristrutturazioni, la qualità e quantità dei servizi igienici e sanitari necessari, le tabelle delle lavorazioni considerate nocive per le quali vigeva (e vige tuttora) l'obbligo delle visite preventive e periodiche, ecc.
Il DPR 547/55 è fondamentalmente un manuale tecnico ed al suo interno sono raccolti 700 articoli. La parte centrale del 547 sono le macchine utensili senza distinzioni tra grande industria e piccola fabbrica artigiana. La prevenzione non era presa in dovuta considerazione, anche perchè la tecnologia delle macchine non lo permetteva ancora, bisognerà aspettare il 1996 per l'entrata in vigore del marchio CE.
L'assenza o quantomeno lo scarso peso dei lavoratori non era casuale ma il frutto di una situazione culturale narcotizzata, che le lotte per la salute sostenute dalla parte più progressista dei lavoratori e del sindacato non riuscivano a smuovere. Infatti le malattie del lavoro e gli infortuni venivano considerati per lo più come parte ineliminabile del lavoro.
Questa era la situazione fino alla fine degli anni 60, quando accaddero una serie di fatti fondamentali che segnarono profondamente la medicina del lavoro sia sotto l'aspetto culturale e organizzativo che sotto quello sociale, sindacale e politico.
Sulla spinta delle dure lotte operaie e studentesche di quegli anni, emerse violentemente l'esigenza di una gestione diretta, in prima persona, dei problemi della salute da parte dei lavoratori e di un modo diverso di fare medicina nella società.
La difesa della salute sul lavoro divenne a quel punto un nodo centrale dell'iniziativa sindacale e
politica, tanto che il Parlamento stesso si trovò costretto a riconoscerne l'importanza, approvando con la legge 300/70 "Statuto dei Lavoratori" l'art. 9 che, rovesciando la logica fino allora dominante, affermava: "I lavoratori, mediante loro rappresentanze, hanno diritto di controllare l'applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali e di promuovere la ricerca, l'elaborazione e l'attivazione di tutte le misure idonee a tutelare la loro salute e la loro integrità fisica".
Il rapporto quindi, che prima avveniva quasi esclusivamente tra mondo medico-scientifico e padronato, cominciò ad avere un terzo interlocutore, un terzo soggetto, prima considerato solo oggetto: il lavoratore.
Questi decreti, molto corposi e ben costituiti, sono tra i meno applicati nella storia dell'Italia repubblicana, infatti ancora tutt'oggi c'è un numero enorme di infortuni sul lavoro sia in fabbrica che nell'edilizia.
Negli anni dal 1946 al 1966, quelli del boom economico, si sono avuti in Italia quasi 23 milioni di
infortuni e malattie professionali, con 82.000 morti e quasi un milione di invalidi, che significa 4.000 morti all'anno, più di 10 al giorno, più di un morto per ogni ora lavorativa.
Fatti salienti avvenuti nel 1955 anno in cui entra in vigore il D.P.R. n° 547 :
29 aprile Giovanni Gronchi viene eletto Presidente della Repubblica Italiana al quarto scrutinio;
1 giugno a Messina i 6 stati della CECA delineano le tappe per la creazione del Mercato Europeo Comune (MEC) e dell'energia atomica (EURATOM);
22 giugno Antonio Segni forma un nuovo governo;
14 dicembre Sulla base di un progetto del Canada l'Italia entra a far parte delle Nazioni Unite;
20 dicembre La firma dell'accordo bilaterale per il reclutamento della manodopera italiana apre la strada all'emigrazione di massa in Germania. Nei decenni successivi partiranno dall'Italia 4 milioni di connazionali, in gran parte meridionali.
2 commenti:
L'iniziativa di aprire un blog sull'argomento, inutile dirlo, è più che lodevole. Speriamo, nel contempo, che non chiudano i teatri vista la crisi in atto a tutti i livelli. Purtroppo infatti non è a rischio solo la nostra salute, ma anche il lavoro stesso. Speriamo, pertanto, che questa preoccupazione non distolga l'attenzione dalla grande problematica della sicurezza che affligge molti settori lavorativi e che, specialmente negli ultimi tempi, è tristemente alla ribalta.
Claudio, un lavoratore del Teatro Comunale di Bologna.
Io lavoro (da circa 20anni) al Teatro Massimo di Palermo e per quanto abbia a lamentarmi per l'igiene e per la sicurezza in palcoscenico mi sento dire sempre le stesse cose :ma tu per caso vuoi fare chiudere il Teatro????
Intanto giorno dopo giorno i macchinisti di palcoscenico rischiamo di farci molto male giacche' si continua a lavorare in una non sicurezza totale,meno male che in teatro siamo muniti anche d'ingegneri,che permettono ed autorizzano ad operai di 4°livello di manovrare il carroponte(come dire :guidare una Maserati senza patente).Speriamo che Dio ci aiuti.
Giuseppe Macchinista Palcoscenico Fondazione Teatro Massimo Palermo
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