sabato 17 gennaio 2009

STAGISTI E DISPOSITIVI DI PROTEZIONE INDIVIDUALE


L'articolo che segue è tratto dalla rivista, articolo 19, numero 4 del luglio-agosto 2008, edita dal SIRS. Leopoldo Magelli è l'autore dell'articolo ed affronta il tema degli stagisti che spesso troviamo sui palcoscenici dei teatri ad affiancare i tecnici di palcoscenico e di manutenzione.

In tema di dispositivi di protezione individuale (DPI) è particolarmente diffuso il dubbio sulla gestione relativa alla fornitura di DPI (es. scarpe infortunistiche) all'interno di quelle aziende che ospitano i ragazzi per periodi di stage.
Il dubbio è relativo all'obbligo di fornire ai ragazzi i DPI: è di competenza dell'azienda o compete all'ente di formazione/scuola che invia i ragazzi in stage?
Per fare chiarezza su questo aspetto, precisiamo che è indubbio che l'onere di fornire DPI ai ragazzi in stage all'interno dell'azianda spetta al datore di lavoro dell'azienda.
Infatti:
1) l'art. 18, comma 1, lett. d, del D.Lgs. 81/2008, individua tra gli obblighi del datore di lavoro "fornire ai lavoratori i necessari e idonei dispositivi di protezione individuale, sentito il RSPP e il medico competente, ove presente";
2)quindi, se nel lavoro svolto e nell'ambiente in cui si svolge si ravvisa l'esigenza dell'uso dei DPI, è dovere del datore di lavoro fornirli a tutti i lavoratori (nonchè, vedi stesso articolo e comma, lett. f, esigerne l'uso).

Ma gli stagisti sono da considerarsi lavoratori?
Andiamo a vedere la definizione di lavoratore (art. 2, comma 1, lett. a): per "lavoratore" si intende la persona che indipendentemente dalla tipologia contrattuale, svolge un'attività lavorativa nell'ambito dell'organizzazione di un datore di lavoro pubblico o privato, con o senza retribuzione, anche al solo fine di apprendere un mestiere, un'arte o una professione...; inoltre, ai lavoratori sono equiparati i soggetti beneficiari delle iniziative di tirocini formativi e di orientamento.
Pare dunque evidente che gli stagisti vadano a tutti gli effetti considerati come lavoratori, e come tali hanno diritto che vengano loro forniti, ove necessario, i DPI, a cura del datore di lavoro.
Il fatto che gli stagisti stiano spesso in azienda per periodi molto brevi non cambia nulla della situazione: per il tempo che stanno in azienda devono usare, se in quella postazione di lavoro è necessario, i DPI.
Ciò non specifica che alla fine dello stage i DPI debbano essere gettati via e non più utilizzati da alcuno, al contrario, potranno essere utilizzati da altri stagisti, previa esecuzione di alcune semplici procedure di pulizia e disinfezione.
Infatti, se è vero che il datore di lavoro deve destinare ogni DPI ad un uso personale, è altrettanto vero anche che, qualora le circostanze richiedano l'uso di uno stesso DPI da parte di più persone il datore di lavoro può procedere in tal senso, purchè prenda misure adeguate affinchè tale uso (che sarebbe di fatto promiscuo) non ponga alcun problema sanitario e igienico ai vari utilizzatori (vedi art. 77 del D.Lgs. 81/2008, comma 4, lett. d).
E' superfluo ricordare che, nel caso si tratti di scarpe, un parametro da cui non si può prescindere per un uso promiscuo è il numero.
Quindi, in conclusione, l'azienda potrebbe dotarsi di un "parco scarpe" idonee, con numeri diversi, da utilizzare per gli stagisti, garantendone pulizia e disinfezione al momento di passare da un utilizzatore ad un altro.

MEDICO COMPETENTE E MEDICO CURANTE


Questo articolo, tratto dalla rivista articolo 19, numero 4 del luglio-agosto 2008, edita dal SIRS, affronta un tema la cui conoscenza può risultare utile; l'articolo infatti prova a sviluppare due quesiti e cioè:
1) è lecito che il medico competente (MC) acquisisca il nominativo del medico curante dei lavoratori?
2) è lecito che il MC chieda o fornisca informazioni al medico curante del lavoratore (e viceversa)?

Per quanto riguarda la prima domanda, Leopoldo Magelli autore di questo articolo prova a dare una sua risposta:
" Il fatto che il MC acquisisca il nominativo del medico curante di ogni lavoratore è non solo lecito, ma è dovuto per legge; infatti nell'allegato III del D.Lgs. 81/2008 si riporta il fac-simile della cartella sanitaria e di rischio che il MC deve attivare per ogni lavoratore e nella prima pagina, subito dopo i dati anagrafici del lavoratore, compaiono le seguenti voci: nominativo del medico curante, suo indirizzo e telefono. Si noti che il MC che non istituisca ed aggiorni la suddetta cartella è sanzionabile".
Per quanto riguarda la seconda domanda ecco la risposta di Magelli:
"Questo punto non è espressamente richiamato tra gli obblighi del MC ma non è nemmeno in alcun modo vietato.
Il problema che potrebbe porsi è quello del segreto professionale (in particolare, il MC potrebbe acquisire dal medico curante informazioni riservate sul lavoratore che potrebbe utilizzare "contro" il lavoratore stesso, ma non si può impostare un discorso su una presunta malafede!).
In realtà l'art. 622 del Codice Penale "rivelazione del segreto professionale" così recita: Chiunque, avendo notizia per ragione del proprio stato o ufficio, o della propria professione o arte, di un segreto, lo rivela, senza giusta causa, ovvero lo impiega a proprio o altrui profitto, è punito (....) Il delitto è punibile a querela della persona offesa".
Mi pare evidente che il nostro discorso non si colloca certo in questo campo, in quanto l'eventuale segreto professionale non viene rivelato a terzi estranei, ma ad un altro medico che deve tutelare la salute del lavoratore, e che è a sua volta tenuto al segreto professionale; inoltre, essendo la finalità della trasmissione dei dati sanitari legata all'esigenza di una miglior tutela della salute del lavoratore, si configura a mio avviso la "giusta causa" citata nell'art. 622 sopra riportato.
Da molto tempo buona parte dei MC mantengono sistematici e regolari rapporti con i medici curanti. L'unico problema che può restare aperto è quello (più teorico che reale) in cui il lavoratore diffidi formalmente il suo medico curante dal fornire informazioni sulla sua salute al MC: in questo caso la situazione diventa estremamente delicata ed apre la strada ad un contenzioso piuttosto complesso, che richiederebbe un approfondimento che va oltre la finalità di questo articolo".

giovedì 15 gennaio 2009

IMPIANTI ELETTRICI


Il seguente lavoro sugli impianti elettrici teatrali è stato realizzato dall'Accademia della luce con sede ad Umbertide (PG). Per maggiori informazioni sull'Accademia vi invito a visitare il loro sito internet:
Light Education

Nella progettazione di un nuovo teatro o nella ristrutturazione di uno già esistente, uno dei punti fondamentali è ovviamente l'impianto elettrico. Il progettista che si accosta a un teatro per la prima volta, dopo aver esaminato le norme specifiche, incomincia a sentirsi a disagio quando passa ad approfondire assieme al committente e ai tecnici del teatro le esigenze che gli vengono presentate dai tecnici stessi in quanto, anche se in linea di massima gli impianti teatrali possono essere tutti simili, in pratica, in un teatro l'uso delle luci è uno strumento artistico e, quindi, l'utilizzo, e di conseguenza la progettazione dettagliata, deve conciliare le norme tecniche ed economiche di un impianto elettrico con la necessità di una direzione artistica che richiede soluzioni diverse per ogni rappresentazione teatrale. Per ottenere un risultato positivo nella progettazione di impianto in un teatro è quindi spesso necessario che al progettista si affianchi un bravo tecnico luci teatrali come consulente.

Tipi di impianti luce

Gli impianti elettrici nelle installazioni teatrali possono essere suddivisi in impianti per l'alimentazione delle utenze tecniche (impianto di condizionamento, motori, macchine di scena, luci di sicurezza, ecc.) e impianti luce. Questi ultimi si possono ulteriormente distinguere in impianti luce generici e impianti luce per lo spettacolo. L'impianto luci generiche è sostanzialmente un impianto di tipo industriale per l'alimentazione dei vari punti luce disposti nel teatro secondo le regole della illuminotecnica e dell'architettura e controllati da quadri di zona e interruttori secondo la tecnica di un impianto elettrico generico senza particolari esigenze specifiche teatrali se non quelle logistiche imposte dalle condizioni d'utilizzo dell'ambiente nel rispetto della normativa tecnica prevista. L'impianto luci per lo spettacolo si può distinguere da quello per luci generiche per la finalità dell'utilizzo degli apparecchi illuminanti. Le luci per lo spettacolo devono poter essere controllate non solo per esigenze illuminotecniche, ma anche come strumento artistico fondamentale per le rappresentazioni teatrali. Queste utenze possono essere sia luci regolate che luci dirette. Per luci regolate si intendono quelle che possono essere poste solo nelle situazioni di acceso o spento.


Norme di riferimento

L'impianto riguardante le "luci di spettacolo", che trae origine dal quadro generale di bassa tensione del teatro e che nella zona palcoscenico è affiancata dall'impianto per il servizio di luci di sicurezza e dall'impianto di luci bianco o blu di scena e di servizio, alimenta le utenze specifiche per la gestione degli spettacoli teatrali. Ovviamente tutti gli ambienti interessati, esclusi i locali tecnici di servizio, devono ritenersi classificati come "luoghi di pubblico spettacolo" e, quindi, essere soggetti alla normativa CEI64-8/7 capitolo 752, oltre naturalmente a quelle più generali. In particolare in tutta la zona definita come palcoscenico l'impianto deve garantire un grado di protezione minimo pari a IP44. Le altre norme tecniche di riferimento che devono essere eseguite, sono la legge 186 del 01/03/1962 (regola d'arte), la circolare n°16 del 15/02/1951 1962 (norme relative ai locali di pubblico spettacolo), le norme CEI relative agli impianti elettrici utilizzatori, le norme IEC (Commissione Elettrotecnica Internazionale), le raccomandazioni I.S.P.E.L.S. e le prescrizioni e raccomandazioni VV.FF. Il calcolo dei carici elettrici gravanti sull'impianto deve essere eseguito sulle reali necessità del singolo teatro tenendo come indicazione di massima per un teatro medio con fossa orchestrale che la potenza utilizzato dal servizio delle luci di scena può essere circa il 25% del totale, le luci di emergenza un 1%, i servizi di palco un 3%, la zona camerini il 2%, il quadro regia l'1%, il quadro della fossa orchestrale il 2%. E' consigliabile installare una potenza di circa il 60% superiore a quella assorbita calcolata da progetto.

Selezionamento dell'impianto

Il quadro generale luci sceniche, che riceve l'alimentazione direttamente dal quadro generale di bassa tensione del teatro, distribuisce l'energia ai vari quadri della zona che possono essere i quadri dei regolatori delle luci di scena, i quadri delle luci di scena dirette e di servizio, il quadro per l'alimentazione delle apparecchiature di un eventuale compagnia itinerante e gli altri quadri resi necessari dai servizi richiesti dal teatro. Il quadro dei regolatori delle luci di scena alimentando i dimmer di regolazione delle luci è il punto nel quale l'impianto luci sceniche inizia a discostarsi da un impianto "tradizionale". I gruppi dimmer, raccolti in armadi ad alimentazione trifase e posti comunemente in un locale apposito adiacente al palcoscenico, ricevono l'alimentazione del quadro dei regolatori e alimentano le utenze che possono essere sia apparecchi illuminanti che prese di alimentazione. Ogni dimmer alimenta un circuito che può essere normalmente da 2,5kW o da 5kW, raramente anche da 10kW. E' evidente che a parità di potenza installata, più numerosi sono i circuiti, più flessibile risulta la gestione del parco luci. I dimmer devono essere controllati da una posizione remota, fondamentalmente localizzate nel locale regia, ma con la possibilità di essere spostata in altre zone del teatro, tramite una consolle specifica dedicata a questo. Questo controllo, una volta eseguito attraverso un fascio di cavi che trasportavano una tensione di controllo tra 0 e 10V a ogni singolo canale, lo si ottiene secondo il protocollo DMX512 attraverso un singolo cavetto a due coppie oltre allo schermo. Il collegamento delle utenze ai dimmer tradizionalmente avviene attraverso un quadro di spinamento formato da una batteria di spine a pannello (una per ogni circuito) e una di prese (una per ogni canale dimmer) e un fascio di fruste spina/presa che collegano una determinata utenza a un canale dimmer. Attualmente sempre più teatri si adeguano alle innovazioni tecnologiche ed eliminano il quadro di spinamento, con notevole risparmio di costi, spazio e possibili guasti, per utilizzare uno spinamento "software", la cosiddetta funzione di patch, inserito nelle funzioni della consolle di regia che consente tramite tastiera di indirizzare qualsivoglia circuito della consolle a qualsivoglia dimmer. Resta comunque da tenere in considerazione in fase di progettazione che il quadro di spinamento del palcoscenico delle apparecchiature delle compagnie itineranti, funzione che deve essere comunque garantita con un opportuno sistema di commutatori. Tutte le linee destinate alle utenze luce di spettacolo vengono comunemente terminate su spine fisse normalmente raggruppate in quadretti per più circuiti ma in numero non superiore a 5. (CEI 64-8, art. 752.55.1) e che fanno capo a un interruttore automatico differenziale sito nel quadro di settore. Questi gruppi di prese devono essere distribuiti in modo da coprire tutte le esigenze dello spettacolo e dei servizi a esso connessi e, quindi, sia a livello di piano palcoscenico, che sui diversi ballatoi di manovra, che in graticcia. Oltre alla zona del palcoscenico è comunque indispensabile prevedere la necessità di posizionare corpi illuminanti anche nella sala, sulle pareti laterali a lato del boccascena, a soffitto e sulla parete di fondo o sulla balconata o sui palchi. A tutti questi gruppi di prese devono inoltre essere affiancate anche prese non regolate per l'alimentazione degli apparecchi che non richiedono regolazione o che non la accettano, come, per esempio, i proiettori a scarica.


Conclusioni

Pur non potendo approfondire ulteriormente l'argomento è comunque da tenere presente che alle parti fondamentali trattate si affiancano altri impianti secondari di segnalazione, controllo e servizio indispensabili per la gestione delle luci di spettacolo basate sulle nuove tecnologie di trasmissione dei segnali tramite reti di tipo Ethernet che consentono di ottimizzare l'impianto senza i limiti fino a ora molto rigidi imposti dal protocollo DMX512.Le caratteristiche degli impianti elettrici secondo la Norma CEI64-8

Nella realizzazione di un locale di pubblico spettacolo (anche se di uso temporaneo) si devono seguire fedelmente alcune norme specifiche intese ad assicurare il massimo grado possibile di sicurezza per gli spettatori. In questo articolo vengono esaminate in maggior dettaglio le caratteristiche degli impianti elettrici, alla luce di quanto disposto dalla Norma CEI64-8 nella parte 7 sez.752 nella quale vengono recepite e integrate le disposizioni già contenute nella precedente norma CEI64-10. I locali di pubblico spettacolo sono compresi nella categoria più generale degli ambienti a maggior rischio di incendio, contemplati nella norma CEI64-8/7 attualmente in vigore; il progettista di impianti deve valutare il rischio relativo all'incendio sulla base di alcuni parametri fra quali:

  • densità di affollamento;
  • massimo affollamento ipotizzabile;
  • capacità di deflusso o di sfollamento;
  • entità presumibile del danno a persone, animali e cose;
  • comportamento al fuoco delle strutture;
  • tipo di utilizzazione dell'ambiente;
  • situazione organizzata riguardo alla protezione antincendio;

Va ricordato che le precisioni che qui si esaminano vanno dagli impianti nuovi o sottoposti a trasformazioni significative dopo il 1990, agli impianti preesistenti sono considerati di livello accettabile se rispondono ai requisiti della precedente norma CEI64-2 per i locali di classe 3.

Caratteristiche generali dell'impianto elettrico

Oltre ai requisiti generali contemplati dalla norma CEI64-8, gli impianti installati nei luoghi a maggior rischio di incendio (e fra questi i locali di pubblico spettacolo) devono seguire le seguenti prescrizioni:

  • I componenti elettrici installati devono essere limitati a quelli necessari per gli usi previsti, solo le condutture possono essere in transito (attenzione quindi alla ridondanza);
  • Nel sistema delle vie di uscita non devono essere presenti dispositivi contenenti fluidi infiammabile/trasformatori in olio, condensatori di rifasamento;
  • I dispositivi di comando, controllo e manovra presenti nelle zone accessibili al pubblico devono essere chiusi in armadi o scatole apribili solo con chiave o attrezzo; devono essere rispettate le distanze minime previste tra gli apparecchi di illuminazione e le superfici illuminate, se queste sono di materiale combustibile (questa regola vale in particolare per i proiettori di elevata potenza);
  • E' vietato l'uso del sistema di distribuzione TN-C (Neutro e conduttore di protezione coincidenti);
  • Le condutture elettriche che attraversano le vie di uscita di sicurezza non devono costituire intralcio o ostacolo al deflusso e devono essere poste entro involucri o dietro barriere che ne garantiscono adeguata protezione contro i danneggiamenti meccanici.
La norma CEI64-8/4 stabilisce le metodiche per questa tipologia di protezione

Fig.1-Simboli del divieto di collegamento a terra e del doppio isolamento

"Contatto diretto" e "Contatto indiretto" con riferimento all'esigenza di impedire la possibilità di infortunio derivante dal contatto tra persone e parti metalliche sotto tensione; dei due tipi di contatto, quello "indiretto" è sicuramente il più insidioso poiché riguarda parti metalliche normalmente non in tensione e quindi facilmente accessibili. L'origine dell'incidente elettrico per contatto indiretto è normalmente da ricercare nell'isolamento delle parti elettriche con conseguente contatto tra conduttori vivi e carcassa metallica dell'apparecchiatura; per scongiurare tale evento, risulta quindi utilizzabile una strategia mirata a garantire l'integrità dell'isolamento elettrico in tutte le prevedibili condizioni operative dell'apparecchiatura stessa, rendendo pertanto superfluo (se non addirittura controindicato) il collegamento ad un impianto di terra di protezione corredato eventualmente di un dispositivo di interruzione automatica. Tale filosofia costruttiva si riscontra assai diffusamente negli apparecchi elettrodomestici, i quali erano (fino all'entrata in vigore della legge 46/90) normalmente utilizzati in ambienti domestici i cui impianti di distribuzione dell'energia elettrica erano privi di terra di protezione o erano dotati di un impianto di terra non soggetto a verifiche. Nelle applicazioni industriali, il DPR547/55 prescrive la presenza di un efficace impianto di messa a terra in tutti i luoghi di lavoro; ciò non toglie che, per comprovate esigenze funzionali, la protezione contro i contatti indiretti non possa essere ottenuta con metodi diversi dalla classica combinazione impianto di terra/interruzione automatica. La norma CEI64-8/4 prevede, infatti, "la protezione senza collegamento delle masse a terra e quindi senza interruzione automatica del circuito" ottenuta con:

a) Impiego di componenti con isolamento rinforzato (classe II);

b) Separazione elettrica del sistema protetto.

Le apparecchiature di classe II

Come già accennato, laddove non si sia certi della presenza di un efficace impianto di terra, è necessario che l'apparecchiatura sia protetto per mezzo di un doppio isolamento delle parti vive; in tale modo, anche in caso di cedimento dell'isolamento principale, rimane affidabile l'isolamento supplementare. Per meglio comprendere il concetto alla base del doppio isolamento, è necessario chiarire le definizioni date dalle norme:

-Isolamento funzionale: è l'isolamento che, separando conduttori e diversa tensione, rende possibile il funzionamento dell'apparecchiatura.
-Isolamento supplementare: è un isolamento indipendente, aggiunto a quello principale allo scopo di realizzare il doppio isolamento.
Fig.2-Sezione di cavo bipolare in doppio isolamento

Di norma, l'isolamento funzionale non deve essere considerato isolamento di protezione, si pensi per esempio alla smaltatura del filo con cui si realizzano gli avvolgimenti di un trasformatore. Eventuali parti metalliche accessibili (facenti parte dell'involucro esterno) non devono essere collegate all'impianto di terra (se esistente) onde evitare il pericolo della massa estranea ovvero dell'introduzione di potenziali elettrici pericolosi causati da guasti in altre apparecchiature collegate all'impianto. A tale proposito è bene ricordare che un collegamento a terra "improprio" con conseguente creazione di massa estranea può essere originato dalle schermature dei cavi di segnale; in tali casi è opportuno verificare le indipendenze dei vari rami del circuito di terra in modo da essere rassicurati circa il coordinamento delle protezioni, le quali rimangono, a questo punto, l'unica misura di sicurezza su cui contare. Nel mondo delle apparecchiature audio e in generale delle apparecchiature per lo spettacolo, esiste purtroppo una notevole varietà di tipologie in merito al collegamento a terra; alcune apparecchiature di origine Hi-Fi (ad uso domestico) sono di classe II, altri di origine professionale prevedono il collegamento a terra ma, purtroppo prevedono anche interazioni non del tutto standardizzate tra terra di protezione e terra di segnale. Le conseguenze di questa incompatibilità sono note a tutti e talvolta, purtroppo, le esigenze sono sacrificate a quelle della funzionalità.

La protezione per separazione elettrica Il principio ispiratore della protezione per separazione elettrica è l'interruzione permanente della via di richiusura di un eventuale corrente di guasto per mezzo di un trasformatore di isolamento, ovvero di un trasformatore in grado di assicurare la completa separazione (anche in caso di guasto) tra l'avvolgimento primario e l'avvolgimento secondario; detto trasformatore può avere rapporto di trasformazione 1:1, o abbassare il valore della tensione al secondario fino a valori a 50Vca, in questo caso esso viene definito "trasformatore di sicurezza". Nel caso di un singolo guasto a massa nel circuito secondario non si generano correnti di guasto in quanto il relativo circuito è interrotto dal trasformatore; in realtà, una debole corrente circola ugualmente a causa della capacità parassite tra i cavi e la terra ed è per questo che la norma raccomanda di limitare lo sviluppo del circuito secondario in modo che il prodotto tra la tensione nominale e la lunghezza non superi il valore di 100.000 e, comunque, la lunghezza massima della conduttura non superi i 500 metri. E' di fondamentale importanza che il trasformatore sia in grado di assicurare la separazione elettrica poiché in essa consiste la sicurezza del circuito secondario; per tale motivo, i trasformatori di isolamento e di sicurezza devono essere conformi alla specifica norma CEI14-6 (EN60742). Un estratto viene riportato nel box relativo.

Fig.3-Singolo guasto a massa nel circuito secondario

Circa l'esecuzione dell'impianto alimentato dal trasformatore di isolamento, la norma prescrive il divieto di collegare a terra le masse di tale impianto; in particolare vieta di collegare dette masse alla terra di protezione del circuito primario poiché in tal modo verrebbero vanificati i vantaggi della separazione elettrica e si introdurrebbero masse estranee, è necessario, però, prevedere un sistema di protezione nel caso si verifichi un doppio guasto a massa su apparecchiature simultaneamente accessibili.

Fig.4-Doppio guasto a massa non protetto

In questo caso, la corrente di guasto che si stabilisce nel secondario è limitata solo dalla resistenza della persona e dall'impedenza complessiva del sistema avvolgimento/linea; se non è presente un dispositivo automatico di massima corrente con tempo di intervento rapidissimo, la situazione diventa assai pericolosa per l'infortunato. Per scongiurare il pericolo derivante della situazione prospettata è necessario collegare equipotenzialmente tra loro tutte le apparecchiature installate sul secondario; in questo modo, il doppio guasto a massa viene visto come un cortocircuito e provoca l'intervento delle protezioni automatiche di massima corrente prima ancora che si verifichi il contatto indiretto da parte di una persona.

Fig.5-Doppio guasto a massa con protezione equipotenziale

Fig.6-Simbologia essenziale per i trasformatori

sabato 10 gennaio 2009

CAPICORDA


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO

CAPICORDA A CUNEO
La tenuta di questo attacco è garantita dall'attrito che subisce la fune tra il corpo del capocorda e il cuneo. Verificare sempre, prima dell'impiego, che la dimensione del copocorda sia idonea per la fune e non sostituire mai il cuneo con qualcosa di diverso dall'originale. Il tratto di fune rinviata deve fuoriuscire dal copicorda almeno di 15/18 cm; accertarsi che il tratto di fune in trazione sia in asse con il perno di attacco quindi prevedere un morsetto di sicurezza. Verificare che la fune non possa scorrere nel capocorda effettuando qualche sollevamento di prova.
Mai cercare di riparare il capocorda con saldature.
Utilizzare solo funi da 6 o 8 trefoli.
Controllare l'integrità della fune nei pressi del capocorda essendo quello il punto dove la fune tende a rovinarsi maggiormente.

CAPICORDA PRESSATI
Questo tipo di lavorazione richiede presse e stampi idonei e può essere eseguito esclusivamente da personale specializzato.
Verificare almeno trimestralmente lo stato dei capicorda evidenziando segni d'usura, cricche o deformazioni.
Non saldare mai il capocorda per ripararlo o fissarlo ad altre strutture.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
tecnomovint

GOLFARI


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO
Prima dell'utilizzo dei golfari verificarne sempre l'integrità del filetto assicurandosi che le parti filettate siano pulite.
Avvitare a fondo il golfare fino ad aderire completamente contro la superfice del particolare su cui viene assemblato.
Mai cercare di adattare il golfare, tagliando o rifacendo la filettatura.
Quando il golfare viene sottoposto a sforzi laterali si ha una riduzione di portata.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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TENDITORI


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO
I tenditori possono essere impiegati per tensionare i cavi solamente quando non sono soggetti a sollecitazioni di tipo dinamico o carichi pulsanti; i tiri applicati devono essere senpre allineati con il tenditore. Non sottoporre il tenditore a carichi laterali perchè potrebbe seriamente danneggiarsi. Non utilizzare mai il tenditore per il sollevamento. In caso di deformazione il tenditore deve essere sostituito immediatamente. Prima dell'uso verificare l'integrità del tenditore e delle parti filettate. Quando il tenditore è in posizione aperta, assicurarsi che il 25% circa della lunghezza totale del filetto sia avvitato nella canaula.
Non cercare mai di riparare un tenditore.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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GRILLI


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO
La portata indicata è riferita a sollevamenti con un unico tiro di fune dove il carico è perfettamente allineato alla verticale del punto di sospensione. Quando il grillo viene sottoposto a sforzi laterali, non allineati all'asse di tiro (come nel caso di due tiranti inseriti nello stesso grillo), si ha una riduzione di portata notevole.
Non sottoporre il grillo a tiri disassati che possano farlo ruotare danneggiandolo. Controllare sempre l'efficienza del grillo prima di ogni sollevamento. Assicurarsi che il perno sia avvitato contro la staffa utilizzando tutta la filettatura. Per evitare sbilanciamenti del carico, si può ridurre la luce del perno spessorandolo da entrambe le parti con opportuni distanziali, senza mai saldare.
Mai eseguire saldature su un grillo.
Mai utilizzare un bullone o qualcosa di diverso dal perno originale.

Le operazioni di controllo devono essere effettuate da personale esperto al più tardi trimestralmente.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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CAVI DI SOLLEVAMENTO


Norme per un corretto utilizzo delle funi metalliche
Quando si solleva un carico vanno considerate anche le caratteristiche del carico da movimentare nonchè le condizioni ambientali del luogo. I carichi da movimentare devono avere dimensioni e forma compatibili con il tirante che viene impiegato. I punti di aggancio devono sempre garantire una presa sicura e stabile del carico, il più possibile baricentrato. Il carico, nello stesso tempo, deve avere superfici sufficientemente resistenti per supportare la pressione esercitata dalla presa.
Indicativamente il diametro del perno deve essere almeno 3-4 volte quello della fune perchè questa conservi le proprie caratteristiche; al di sotto di questo valore la fune si deteriora rapidamente e la portata del tirante fune metallica si dimezza.

Le condizioni ambientali influiscono sulla scelta del tirante da utilizzare. Le temperature per un corretto utilizzo devono essere comprese tra -20 e +100 C°. Il tirante non può essere utilizzato in presenza di vapori, fumi, liquidi corrosivi e fiamme.

Prima di utilizzare il tirante fune metallica vanno controllate visivamente le condizioni delle funi e dei loro accessori. Va accertato che il carico non superi la portata indicata sulla targhetta posta sulla fune metallica. Va controllato che l'accessorio di sospensione del tirante abbia dimensioni tali da consentire una certa mobilità sul gancio della gru, del motore o del montacarichi,
senza che vi siano forzature o impedimenti.

I tiranti fune metallica devono essere controllati entro tre mesi dalla data di messa in servizio o dall'ultimo impiego.

I tiranti in fune metallica ed i loro gruppi vengono certificati mediante un "ATTESTATO DI CONFORMITA'" in accordo al D.P.R. 459 del 24 luglio 1996 ed alla Direttiva Macchine 89/392, 91/368, 93/44 e 93/68.
Ad ogni tirante viene applicata una targhetta in metallo riportante la portata, il diametro, il codice di rintracciabilità e la normativa CE.
I consigli per un corretto uso e manutenzione vengono descritti in un manuale consegnato con i tiranti.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
tecnomovint

mercoledì 7 gennaio 2009

GANCI


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO DEI GANCI
Il gancio mantiene la sua portata nominale quando la risultante delle
forze applicate è allineata con l’asse del gancio. Non sottoporre mai
il gancio a sforzi laterali o carichi di punta.
Non sono ammissibili carichi sulla linguetta di sicurezza
che ha il solo scopo di evitarne la fuoriuscita. Non ruotare il
gancio girevole sotto carico. I ganci devono essere sostituiti non appena
si evidenziano segni di usura, deformazioni o riduzioni di sezione in
qualsiasi punto superiori al 10%. Mai cercare di riparare un gancio.
Fare attenzione che il gancio non possa essere raggiunto da spruzzi di
saldatura che ne pregiudicherebbero l’integrità.

Prima di ogni sollevamento assicurarsi che:
-il gancio e la sicurezza siano in buono stato
-le sicurezze non siano piegate o danneggiate
-la molla di richiamo della sicurezza spinga la stessa contro il gancio chiudendone l'apertura.

Sollevare sempre il carico in maniera centrata. Evitare i sollevamenti laterali, fuori assi o non centrati nella sella del gancio.
Controllare periodicamente che la linguetta di sicurezza funzioni correttamente.

Per usi gravosi ed intensi si raccomanda di effettuare una ispezione visiva a scadenza giornaliera.
Verificare la presenza di cricche o shock di carico ed utilizzare una spazzola metallica per verificare la presenza della corrosione.
La verifica dell’abrasione del gancio deve essere condotta con il seguente criterio: se l’abrasione supera il valore del 10% rispetto al dato della quota
nominale (se non diversamente specificato nelle norme tecniche) il gancio
deve essere considerato a scarto.
Verificare che il gancio non sia deformato: 10° è la massima deformazione ammissibile.
Una anomala apertura della bocca del gancio è un chiaro sintomo di sovraccarico del medesimo; tale tipologia di deformazione può essere verificata
con un controllo visivo.
La linguetta di sicurezza si deve chiudere fermamente, nel caso in cui non si blocchi e fuoriesca dalla bocca del gancio ci si trova di fronte ad
una deformazione permanente inaccettabile.
Verificare il corretto funzionamento della linguetta di sicurezza, la molla deve permettere al dispositivo di ritornare in posizione. La linguetta di sicurezza è riparabile, viene fornito un kit di ricambio.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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CATENE


NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO
Prima di utilizzare per la prima volta la catena,
assicurarsi che:
- la catena corrisponda esattamente a quella ordinata;
- la dichiarazione di conformità sia stata consegnata
con la catena;
- la portata segnata sulla targa posta sulla catena
corrisponda a quella indicata sulla dichiarazione
di conformità;
- le istruzioni per l’uso siano state lette e comprese da
chi utilizza la catena.

Controllare visivamente che non vi siano deformazioni
o segni di usura. In caso di dubbio, far controllare la
catena da persone competenti.

Diversamente dalle catene tradizionali, le catene inossidabili possono essere impiegate negli ambienti più corrosivi e alle temperature più elevate.

Le catene ed i loro gruppi vengono certificati mediante un "ATTESTATO DI CONFORMITA'" in accordo al D.P.R. 459 del 24 luglio 1996 ed alla Direttiva Macchine 89/392, 91/368, 93/44 e 93/68. Ad ogni catena viene applicata una targhetta in metallo riportante la portata, il diametro, il codice di rintracciabilità e la normativa CE.
I consigli per un corretto uso e manutenzione vengono descritti in un manuale consegnato con le catene.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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FASCE O BRACHE DI SOLLEVAMENTO

NORME PER UN CORRETTO UTILIZZO DELLE BRACHE

Le fasce e le brache di poliestere sono leggere,
maneggevoli, ed estremamente flessibili; non rovinano
le superfici dei carichi e garantiscono una certa elasticità
per ammortizzare meglio gli strappi durante la
movimentazione. Sono la soluzione ideale per problemi
di sollevamento di carichi delicati, che potrebbero
essere danneggiati da tiranti in fune o catena.
Rappresentano inoltre l’unico sistema di sollevamento
nel caso di lavori in ambienti corrosivi o con pericolo
di conduzione elettrica. Essendo materiali in fibra sono
soggetti al taglio, pertanto, qualora vi fossero spigoli
vivi o pericoli di forte abrasione si consiglia di utilizzare
appropriate protezioni o paraspigoli.

Le brache di poliestere riportano il nome del costruttore,
la portata e la marcatura CE su un’etichetta in materiale
antistrappo cucita all’interno di una delle due asole
o sulla guaina dell’anello. Sul retro dell’etichetta sono
indicate le istruzioni per il corretto utilizzo.

Le brache devono essere controllate attentamente, al più
tardi ogni tre mesi, da un responsabile della sicurezza,
fermo restando che le brache vanno sempre controllate
prima di essere utilizzate. Le brache non possono più
essere utilizzate quando presentano tagli, anche di piccole
dimensioni, deformazioni o segni di deterioramento,
rammollimento o irrigidimento del nastro, o perdita di
flessibilità. Nel caso di brache tonde ad anello, scartare
la braca non appena si lacera la guaina esterna.
Le brache devono comunque essere tolte dal
servizio dopo 5 anni dalla data di produzione
riportata sulla etichetta.


CONSIGLI DI UTILIZZO

- Non utilizzare mai brache danneggiate
anche parzialmente.
- Evitare il contatto con superfici taglienti
o abrasive: in questo caso utilizzare
opportune protezioni o paraspigoli.
- Verificare che l’asola della fascia o la
braca ad anello di poliestere non vengano
agganciati a superfici che possano
danneggiarli.
- Non schiacciare le brache sotto il carico
ne cercare di sfilarle se lo stesso appoggia
sul nastro.
- Non strisciare la braca sul terreno durante
il trasporto
- Verificare che la lunghezza dell’asola
sia almeno 4 volte il diametro del perno
o del gancio su cui lavorano, in modo
che l’angolo interno dell’asola non
superi i 20°.
- Conservare le brache pulite utilizzando
acqua fredda e poi appenderle perché si
possano asciugare.

Le fasce, le brache ed i loro gruppi vengono certificati mediante un "ATTESTATO DI CONFORMITA'" in accordo al D.P.R. 459 del 24 luglio 1996 ed alla Direttiva Macchine 89/392, 91/368, 93/44 e 93/68.
Ad ogni fascia viene applicata una etichetta riportante la portata, la larghezza, il codice di rintracciabilità e la normativa CE.
Ad ogni braca viene applicata una etichetta riportante la portata, lo sviluppo, il codice di rintracciabilità e la marcatura CE.
I consigli per un corretto uso e manutenzione vengono descritti in un manuale consegnato con le fasce o con le brache.

Per approfondimenti e schede tecniche vi consiglio di visitare il sito:
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