martedì 30 dicembre 2014

Circolare n.35 del Ministero del Lavoro del 24 Dicembre 2014








Appena uscite le attese Istruzioni operative Tecnico - Organizzative per l'allestimento e la gestione delle opere temporanee e delle attrezzature da impiegare nella produzione e realizzazione di spettacoli musicali, cinematografici, teatrali e di manifestazioni fieristiche alla luce del Decreto Interministeriale 22 luglio 2014 anche detto "Decreto Palchi".
Il testo completo sul link sottostante
http://www.lavoro.gov.it/SicurezzaLavoro/MS/Normativa/Documents/n35del24dicembre2014.pdf


Istat: i dati dell’indagine sui problemi di salute lavoro-correlati per l'anno 2013



L'articolo che segue è frutto del lavoro di Marco Bottazzi  della consulenza medico-legale di Inca CGIL. Nell'articolo viene fatto un bilancio degli infortuni avvenuti nell'anno 2013 in Italia. Di seguito proponiamo una parte del lavoro e rimandiamo al link di fondo pagina di "diario prevenzione" per visualizzare l'articolo completo. Colgo l'occasione per fare a tutti i lettori e le lettrici del blog i miei migliori auguri di fine anno e inizio 2015!
Giuseppe Patti
 

Nelle scorse settimane l’ISTAT ha presentato, nell’ambito dell’Indagine Forze di lavoro, l’approfondimento  “Salute e Sicurezza sul lavoro” che ha indagato  i lavoratori che nel 2013 hanno dichiarato di aver subito un infortunio sul lavoro o aver accusato problemi di salute causati o aggravati dall’attività lavorativa.
Per quanto concerne gli infortuni secondo l’ISTAT sono 714 mila le persone che dichiarano, nel secondo trimestre del 2013, di aver subito nei dodici mesi precedenti l’intervista almeno un infortunio sul lavoro (compresi quelli in itinere). Essi costituiscono il 2,9% di coloro che svolgono o hanno svolto una attività lavorativa negli ultimi 12 mesi, di questi 531 mila hanno subito un infortunio sul luogo di lavoro e 193mila un infortunio nel tragitto casa-lavoro.
I dati amministrativi di fonte INAIL, per il 2013 riportano 695 mila infortuni.
Come si vede anche i dati ISTAT nel segnalare una riduzione degli infortuni sul lavoro, che resta significativa anche in relazione alla diminuzione delle ore lavorate, confermano un dato che meriterebbe ulteriori approfondimenti ed indagini, infatti a fronte di una riduzione degli infortuni “lievi” registriamo una costanza del numero degli infortuni gravi e mortali, cioè di quelli che giungono all’attenzione dei Pronto Soccorso con immediata segnalazione all’INAIL.
Circa un quarto degli infortunati è stato assente per un periodo compreso fra 4 giorni e le due settimane, il 20,8% ha avuto ripercussioni per un periodo più considerevole compreso fra 1 e 3 mesi, il 12,9% ha subito infortuni di lieve entità, che non hanno comportato giorni di assenza  ed infine , l’1,5% degli infortunati  non è più stato in grado di riprendere l’attività lavorativa a  causa dell’infortunio.

http://www.diario-prevenzione.it/newsletter/Newsletter_%20Inca_%20n_%2049_%202014.pdf



sabato 27 dicembre 2014

Lavoro in altezza con le PLE












Esistono diversi sistemi per lavorare in altezza in teatro e nei locali di pubblico spettacolo. Tra i più comuni troviamo ad esempio le scale, il trabattello, il seggiolino appeso al motore e le PLE. In questo articolo parleremo delle PLE e analizzeremo i contenuti del corso per l'abilitazione alla loro conduzione. Sono previsti tre percorsi formativi:
Il primo percorso, relativo alle PLE con stabilizzatori, si articola in un modulo formativo di 4+4 ore (tipo 1); il secondo, relativo alle PLE senza stabilizzatori (PLE semoventi dei tipi 2 e 3), si articola in un modulo formativo di 4+4 ore; infine troviamo il percorso formativo completo per entrambe le tipologie che prevede un modulo di 4+6 ore.
L'attestato che riportiamo di seguito si riferisce alla prima tipologia di PLE e non vale per la seconda visto che le PLE senza stabilizzatori hanno rischi specifici dovuti proprio alla loro mobilità durante il lavoro, che non sono presenti nelle PLE di tipo 1 con stabilizzatori. 



ATTESTATO DI ABILITAZIONE rilasciato al termine del corso per Addetto alla conduzione di piattaforme di lavoro mobili (PLE) che operano su stabilizzatori. Ai sensi dell'art.73 del D.Lgs. 81/08 e s.m. e dell' Accordo Stato-Regioni del 22 febbraio 2012; attuazione DGR n. 168/2013.

In conformità con quanto richiesto nell'accordo SR del 22.02.2012, sono stati svolti i seguenti contenuti: 

1. Modulo giuridico - normativo (1ora).
1.1. Presentazione del corso. Cenni di normativa generale in materia di igene e sicurezza sul lavoro con particolare riferimento ai lavori in quota ed all'uso di attrezzature di lavoro per lavori in quota (D.Lgs. 81/08). Responsabilità dell'operatore. 

2. Modulo tecnico (3ore).
2.1. Categorie di PLE: i vari tipi di PLE e descrizione delle caratteristiche generali e specifiche. 
2.2. Comportamenti strutturali: sistemi di stabilizzazione, livellamento, telaio, torretta girevole, struttura a pantografo/braccio elevabile. 
2.3. Dispositivi di comando e di sicurezza: individuazione dei dispositivi di comando e loro funzionamento, individuazione dei dispositivi di sicurezza e loro funzione. 
2.4. Controlli da effettuare prima dell'utilizzo: controlli visivi e funzionali. 
2.5. DPI specifici da utilizzare con le PLE: caschi, imbracature, cordino di trattenuta e relative modalità di utilizzo inclusi i punti di aggancio in piattaforma. 
2.6. Modalità di utilizzo in sicurezza e rischi: analisi e valutazione dei rischi più ricorrenti nell'utilizzo delle PLE (rischi elettrocuzione, rischi ambientali, di caduta dall'alto ecc...); spostamento e traslazione, posizionamento e stabilizzazione , azionamenti e manovre, rifornimenti e parcheggio in modo sicuro a fine lavoro. 
2.7. Procedure operative di salvataggio: modalità di discesa in emergenza. 

3. Modulo pratico.
3.1. Modulo pratico per PLE che operano su stabilizzatori (4ore). 
3.1.1. Individuazione dei comportamenti strutturali: sistemi di stabilizzazione , livellamento, telaio, torretta girevole, struttura a pantografo/braccio elevabile, piattaforma e relativi sistemi di collegamento. 
3.1.2. Dispositivi di comando e di sicurezza: identificazione dei dispositivi di comando e loro funzionamento, identificazione dei dispositivi di sicurezza e loro funzione. 
3.1.3. Controlli pre-utilizzo: controlli visivi e funzionali delle PLE, dei dispositivi di comando, di segnalazione e di sicurezza previsti dal costruttore nel manuale di istruzioni della PLE. 
3.1.4. Controlli prima del trasferimento su strada: verifica delle condizioni di assetto (presa di forza, struttura di sollevamento e stabilizzatori, ecc..). 
3.1.5. Pianificazione del percorso: pendenze, accesso, ostacoli sul percorso e in quota, condizioni del terreno. 
3.1.6. Posizionamento della PLE sul luogo di lavoro: delimitazione dell'area di lavoro, segnaletica da predisporre su strade pubbliche, posizionamento stabilizzatori e livellamento. 
3.1.7. Esercitazioni di pratiche operative: effettuazione di esercitazioni a due terzi dell'area di lavoro, osservando le procedure operative di sicurezza. Simulazioni di movimentazioni della piattaforma in quota. 
3.1.8. Manovre di emergenza: effettuazione delle manovre di emergenza per il recupero a terra della piattaforma posizionata in quota. 
3.1.9. Messa a riposo della PLE a fine lavoro: parcheggio in area idonea, precauzioni contro l'utilizzo non autorizzato. Modalità di ricarica delle batterie in sicurezza (per le PLE munite di alimentazione a batterie).

Al termine dei due moduli teorici (giuridico-normativo e tecnico) si svolge una prova intermedia il cui superamento consente il passaggio ai moduli pratici specifici. Il mancato superamento della prova intermedia comporta la ripetizione dei due moduli. Al termine di ciascun modulo pratico si tiene la prova pratica di verifica finale. E' ammesso alla verifica finale chi ha frequentato almeno il 90% del monte ore complessivo. Il mancato superamento della verifica finale comporta l'obbligo di ripetere il modulo pratico.


Adesso che sappiamo in cosa consiste un corso per PLE con stabilizzatori vorrei porre alcune domande:

Il lavoratore che ha svolto il suddetto corso è abilitato anche a lavorare in altezza al di fuori di una PLE? Questo lavoratore così formato è in grado, per esempio, di assumere i corretti comportamenti su una copertura a falda inclinata di una scenografia, dove i sistemi di protezione possono essere differenti da quelli in piattaforma? Immagino che la domanda potrà apparire retorica ed infatti questo lavoratore non è abilitato a lavorare in altezza al di fuori della PLE.

Il conduttore della PLE è colui che è in possesso della formazione di cui all'art. 73 comma 5 (attrezzature di lavoro che necessitano di specifica abilitazione degli operatori) secondo gli  Accordi Stato-Regioni. Un lavoratore che svolge le sue funzioni in altezza, ma che non si occupa di condurre una PLE, dovrà ovviamente avere tutta la formazione ed informazione legata ai rischi specifici del proprio lavoro in quota e usando DPI di III° categoria dovrà possedere la formazione  richiesta espressamente in questi casi (art. 77, commi 4 lett. h) e 5 del D. Lgs. n° 81/2008).

Se l'operatore della PLE trasporta e porta in quota altri lavoratori quali responsabilità ha nei loro confronti?
L' operatore ha la responsabilità di impartire al soggetto trasportato informazioni fondamentali sui rischi ma anche sul corretto comportamento da tenere in piattaforma aerea? 
Chiunque abbia a che fare con la PLE, anche se occasionalmente, dovrebbe essere messo a conoscenza delle condizioni anormali prevedibili, del corretto funzionamento nonché dei concetti di prevenzione, formazione e sicurezza relativi alla PLE. 

Alcune note importanti: 

L'operatore conduce una PLE dal quadro comandi principale all'interno del cestello e tutta l'attività deve essere assistita da terra da personale formato, informato ed addestrato alle manovre di emergenza che andrà ad agire in caso di guasto o altro problema non risolvibile dall'operatore. 


Lo sbarco da PLE è ammesso se il fabbricante lo ha previsto.
Oltre la EN 280 (norma armonizzata) esistono altre due norme come la ISO 16653-1/2 del 2011 e la ISO 18893 del 2011.
Quest'ultima dice espressamente che "le persone devono scendere o salire dai una PLE sollevata seguendo rigorosamente le linee guida e le istruzioni fornite dal fabbricante".
Non essendo una norma armonizzata, spetta al fabbricante dimostrare che non ci sono rischi aggravati dall'uso o residui.
Per poter immettere sul mercato una PLE "da sbarco", non essendo la ISO 18893 una norma armonizzata, il fabbricante sarà costretto a ricorrere esclusivamente ad un Organismo Notificato adottando l'esame CE del Tipo o al Sistema Garanzia Qualità Totale. 









venerdì 26 dicembre 2014

Linea guida per l'utilizzo in sicurezza delle scale portatili



Questa linea guida per l’esecuzione di lavori temporanei in quota, ove per l’accesso, il posizionamento e l’uscita dal luogo di lavoro si faccia uso discale portatili, fornisce indicazioni relative alla valutazione dei rischi, ai criteri di esecuzione ed alle misure di sicurezza da adottare per lo svolgimento di questa attività in cui il lavoratore è esposto costantemente al rischio di caduta dall’alto.
Sono state prese in considerazione le seguenti tipologie di scale portatili:
scale doppie, scale in appoggio (semplici, innestabili o all’italiana e a sfilo) e scale trasformabili.

Clicca sul link per visualizzare la linea guida:

sabato 20 dicembre 2014

BANDO INAIL contributi per la Sicurezza a fondo perduto

L’INAIL ha fornito le prime anticipazioni sul nuovo bando ISI 2014. La dotazione finanziaria complessiva dovrebbe coprire la somma dei 270 milioni di euro confermando la relativa percentuale del fondo perduto al 65% del totale delle spese ammissibili anche se non è attualmente stato stabilito il tetto massimo (potrebbero essere nuovamente i 130.000,00 euro previsti lo scorso anno). Il nuovo bando presenterà alcune novità con riferimento ai progetti ammissibili e le linee di finanziamento riguarderanno:
a) progetti d’investimento volti al miglioramento delle condizioni di salute e di sicurezza sul lavoro, attraverso la riduzione o eliminazione dei rischi e misure di prevenzione;
b) progetti per l’adozione di modelli organizzativi e di responsabilità sociale;
c) progetti per la sostituzione o l’adeguamento di attrezzature di lavoro e macchinari “ante direttiva Macchine”: linea di finanziamento che rappresenta una novità rispetto alle edizioni precedenti del bando, e che consente alle imprese che hanno in dotazione macchinari e attrezzature di lavoro messe in servizio prima del 21 settembre 1996 di rottamarle e acquistarle.

 Per i progetti d’ammontare superiore a 30 mila euro è possibile un’anticipazione pari al 50% con fideiussione bancaria. Tra i parametri che consentono l'acquisizione di un maggiore punteggio a supporto del progetto per il quale potrà essere richiesto il finanziamento all'interno del Bando ISI INAIL troviamo la dichiarazione di condivisione con i RLS o i RLST che farà acquisire sette punti. Inoltre potrà e/o dovrà essere chiesto il supporto delle parti sociali (organizzazione rappresentative dei datori di lavoro e/o lavoratori)e degli Enti Bilaterali per l'eventuale raggiungimento del punteggio necessario ed utile per supportare la domanda di finanziamento.

mercoledì 17 dicembre 2014

PREVENIRE E' MEGLIO CHE CURARE

 
Chi non ricorda il famoso slogan pubblicitario di un noto dentifricio dove, forse per la prima volta, la parola prevenzione diveniva una parola comune a tutti? Quello slogan è oggi più che mai attuale soprattutto se parliamo di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. 
In questo articolo cercheremo di quantificare i costi che un'azienda deve affrontare in seguito ad un infortunio e successivamente citeremo qualche risultato positivo ottenuto investendo in prevenzione. 


Le aziende di grandi e medie dimensioni, come quelle manifatturiere, che registrano il maggior calo degli infortuni, hanno sviluppato in questi anni una sempre più diffusa cultura della sicurezza frutto di un deciso aumento delle risorse investite nella prevenzione e nella formazione. Negli altri comparti invece, come quello dei servizi, dove troviamo aziende di piccole dimensioni, ci troviamo il più delle volte in presenza di compressione dei costi legati alla sicurezza per far fronte alla concorrenza del mercato. Per queste micro imprese rinunciare alla sicurezza significa avere più competitività sul mercato. Tra le cause di infortunio nelle micro imprese troviamo spesso la poco diffusa pratica gestionale dei rischi nonchè il turnover troppo rapido del personale che in tal modo non matura mai adeguate competenze operative sui rischi. È un dato di fatto che in tutte quelle imprese, compresi teatri, service e società di servizi in genere, ove sussistono continuità lavorativa, esperienza e professionalità gli infortuni sono minimi o addirittura nulli.

Per capire quanto la prevenzione sia importante proviamo a farci un'idea di quanto costa un'infortunio ad un azienda. Un buon sistema può essere quello di effettuare qualche stima economica, fornendo una visione realistica dei costi complessivi che ricadono sulle aziende. Definiamo costi diretti quelli associati in modo univoco all'oggetto di costo considerato quale l'incidente, l'infortunio o la malattia professionale:
- Costi medici per l'infortunato (spese ospedaliere, consulti medici, riabilitazione, medicinali);
- Integrazione dei salari per la quota non coperta da assicurazioni;
- Danni subiti ai mezzi di produzione (macchinari, attrezzature, edifici, veicoli);
- Valore della produzione per le interruzioni causate dagli incidenti;
- Eventuale perdita di produttività del lavoratore infortunato dopo il suo ritorno al lavoro.

I costi indiretti non vengono invece definiti secondo un rapporto di univocità ed è necessario ricorrere ad un metodo di allocazione. Tra essi troviamo:
- Assenteismo o assenza per malattia;
- Riduzione della flessibilità e capacità di far fronte a situazioni impreviste;
- Rotazione del personale: costi di sostituzione, formazione supplementare, perdita di produttività,  annunci, procedure di assunzione;
- Pensionamento anticipato e invalidità: ammende e indennità;
- Riabilitazione non medica: importo speso dal datore di lavoro per facilitare il ritorno al lavoro (consulenza, formazione, adeguamento del posto di lavoro);
- Amministrazione delle assenze: attività manageriali che devono essere svolte dalla società in relazione all'assenza per malattia;
- Materiale danneggiato.
 
Ci sono poi altri costi non connessi alla salute tra cui:
- Tempo e denaro spesi per indagini sulle lesioni, valutazione del posto di lavoro;
- Responsabilità: lavoratori o compagnie di assicurazione hanno diritto al risarcimento dei danni derivanti da lesioni sul lavoro o da malattie professionali;
- Differenziazione dei premi: le compagnie di assicurazione o i fondi pubblici adeguano i premi in caso di aumento del rischio;
- Sanzioni legali, multe: gli organi di vigilanza possono 
infliggere sanzioni, esigere miglioramenti ovvero l'arresto temporaneo della produzione;
- Retribuzioni supplementari, compenso per compiti pericolosi;
- Tempo di produzione perso, servizi non forniti: produzione persa a causa di un evento che ha causato lesioni (ad es. perché è necessario un certo tempo per sostituire una macchina o perché la produzione deve essere interrotta durante l'indagine);
- Costi opportunità: ordinazioni perdute, competitività nel mercato;
- Assenza di redditività di capitale investito: importo delle spese dovute ad incidenti non investito in attività che generano profitto;
- Regole di mercato: Capacità attrattiva di nuovo personale, perdita di appalti, incidenza sull'immagine aziendale.

Da questo corposo elenco si capisce perché conviene investire in prevenzione anche in considerazione del fatto che la dimensione dei costi indiretti è in relazione inversa alla gravità dell'infortunio. Meno grave è l'infortunio, maggiore sarà il rapporto dei costi indiretti su quelli diretti (4 o 5 volte maggiore). L'alto tasso di mortalità sul lavoro e la frequenza degli infortuni hanno un costo sociale che secondo l'Inail è di 45,5 miliardi di euro per la sola
Italia. Il 3.2% del Pil (dati riferiti all'anno 2010). Per le aziende gli infortuni sul lavoro rappresentano un onere economico notevole. Alcuni di questi costi, come la perdita di giornate lavorative o la perdita di profitto, sono evidenti e sono facilmente quantificabili. Per fare un calcolo approssimativo di quanto costano gli infortuni possiamo fare riferimento ad alcuni siti che effettuano una valutazione dei costi che un'azienda deve affrontare in seguito a infortuni o malattie professionali. Uno di questi siti è quello della OSHA $icurezza:
Pays www.osha.gov/dcsp/smallbusiness/safetypays/estimator.html. Questo sistema utilizza il margine di profitto di una società, i costi medi di un infortunio o malattia e un costo indiretto moltiplicatore che proietta la quantità di vendite che un'azienda avrebbe bisogno di generare al fine di coprire tali costi. Le aziende possono utilizzare queste informazioni per predire gli effetti diretti e indiretti degli infortuni e delle malattie professionali e le vendite stimate necessarie per compensare tali perdite.

Dopo aver trattato l'incidenza economica degli infortuni proviamo ora a portare un esempio positivo che ci aiuti a capire quanto la prevenzione sia importante. 
In Svizzera è stato condotto un programma di prevenzione che interessava i lavoratori che operano su scale. 
Il programma prevedeva un pacchetto di formazione costato 2,2 milioni USD. Dopo il primo anno si è avuta una riduzione di infortuni di 500 unità. Considerando che un incidente per caduta da scala comporta costi (assicurativi, amministrativi e produzione persa) per 8.600 USD vediamo che la riduzione di 500 infortuni ha portato un risparmio di 4.3 milioni USD (fonte ILO anno 2009). Quindi, a fronte di una spesa di 2,2 milioni, abbiamo avuto un risparmio di 4,3 milioni in un solo anno!

Quanto detto invita tutti a riflettere sul modo di adattare al meglio l'esempio svizzero alla realtà in cui operiamo cercando di entrare nell'ottica che una buona azienda investe in prevenzione e vuole i propri collaboratori sempre più formati e coscienti dei rischi lavorativi.

Giuseppe Patti

martedì 16 dicembre 2014

Il Decreto palchi secondo l'Inail

Il provvedimento recepisce le linee guida elaborate - anche con la collaborazione dell'Inail - dal gruppo coordinato dal ministero del Lavoro. Obiettivo: promuovere prassi virtuose in un settore complesso, dove aspetti organizzativi e formazione degli addetti si qualificano come essenziali fattori di prevenzione. ROMA – Realizzato un altro importante passo avanti a favore della tutela degli operatori impegnati nelle attività di montaggio e smontaggio dei grandi palchi in occasione di eventi musicali e di spettacolo. Lo scorso 8 agosto, sulla Gazzetta ufficiale, è stato pubblicato il decreto ministeriale 22 luglio 2014 che estende a questo specifico comparto – nel rispetto di quanto stabilito dal “Decreto del fare” (dl n. 69/2013) – le disposizioni in materia di prevenzione previste dal titolo IV del “Testo unico per la sicurezza” per i cantieri temporanei e mobili. Il documento è il frutto dell’opera del gruppo di lavoro – composto da tecnici delle Regioni e dell’Inail – costituito e coordinato dal ministero del Lavoro e delle politiche sociali a seguito dei due infortuni avvenuti a Trieste, il 12 dicembre 2011, e a Reggio Calabria, il 5 marzo 2012, in occasione dell’allestimento dei concerti di Jovanotti e Laura Pausini, dove persero la vita i giovani operai Francesco Pinna e Matteo Armellini. Un comparto caratterizzato da numerosi elementi di rischio. I due episodi misero in risalto lo stato di potenziale pericolosità connesso ad alcune condizioni peculiari del settore. L’organizzazione di questa tipologia di eventi vede, infatti, quali fattori dall’alto indice di rischio la compresenza di più imprese esecutrici e di un elevato numero di operatori costretti a intervenire nella stessa area di lavoro e spesso nel rispetto di tempi brevi, compatibili con lo svolgimento degli spettacoli o delle fiere. Tante aziende e persone, dunque, (queste ultime, frequentemente, anche di varie nazionalità) impegnate ad avvicendarsi in spazi ristretti – strutture di grandi dimensioni e rilevanti altezze – nello svolgimento di mansioni diverse e con durate d’intervento variabili. Non di rado, inoltre, anche sottoposte a ulteriori limitazioni quali il rispetto di particolari vincoli ambientali o architettonici o il disagio – in caso di eventi all’aperto – di sfavorevoli condizioni meteorologiche e ambientali. Nel documento le corrette modalità operative per operare in sicurezza. Il gruppo di lavoro voluto dal ministero (a rappresentare l’Inail sono stati Fabrizio Benedetti e Domenico Magnante per la Contarp, Luigi Cortis, affiancato da Francesca Maria Fabiani e Davide Geoffrey Svampa, e Maria Teresa Settino per il Dts area Ricerca e Marco Lucchesi per il Ctr della direzione regionale Toscana) ha provveduto, così, a redigere un documento tecnico utile a indicare delle corrette modalità operative per il montaggio e smontaggio dei grandi palchi e i cui contenuti sono adesso confluiti nel dm 22 luglio 2014 di recente pubblicazione. Il provvedimento – come sancito dal “decreto del fare” – indica le modalità con cui le disposizioni del titolo IV del “Testo Unico” che regolamenta la sicurezza nel cantieri temporanei e mobili si applicano anche agli specifici settori degli spettacoli cinematografici, teatrali e di intrattenimento e alle manifestazioni fieristiche: una scelta, questa del legislatore, che comporta l'assegnazione della responsabilità dell'opera e della sicurezza degli operatori che la devono realizzare in capo alla figura del committente, riconducendo tale comparto a quella struttura gestionale e organizzativa ben definita proprio dal Titolo IV (e dalla normativa comunitaria che questo, a sua volta, recepisce). Forte attenzione agli aspetti progettuali e alla conoscenza delle specificità di ogni sito. Il decreto è caratterizzato, così, da diversi punti essenziali. Tra questi: la necessità di considerare i rischi per addetti che, pur con mansioni non specifiche, possono essere coinvolti in attività pericolose svolte dai professionisti del montaggio e dell'allestimento dei palchi; l’attenzione agli aspetti progettuali connessi con la stabilità dei punti di fondazione o sostegno delle strutture e delle opere a esse correlate (fattori all’origine dei crolli fatali di Trieste e Reggio Calabria); la necessità di raccogliere informazioni e di conoscere le possibili situazioni relative a ogni sito specifico (sia in termini geo-topografici che climatico-meteorologici, oppure connessi con le vie di fuga e, in generale, con la gestione delle possibili emergenze). Le responsabilità del coordinatore della sicurezza e delle aziende. Ancora, il provvedimento pone l’accento sul ruolo del coordinatore della sicurezza per la progettazione e per l'esecuzione – che dovrà definire le fasi di montaggio e smontaggio e assicurarne il rispetto (così come individuare i costi della sicurezza non soggetti a ribasso) – e sull’obbligo da parte delle imprese di rendere coerente il proprio piano di sicurezza con quanto da egli disposto. Infine, assume importanza dirimente la formazione del personale delle imprese, intesa quale elemento in grado di generare conoscenza e competenza sulla legislazione e sulle corrette modalità operative, ma utile anche a generare consapevolezza sull'importanza di rispettare le disposizioni e sulle conseguenze che la loro disapplicazione possono generare. In tal senso vanno ricordate le diverse iniziative che l’Inail ha svolto sul territorio: tra queste, particolarmente significativa è stata la serie di corsi svolti in Toscana – col supporto della direzione regionale dell’Istituto – nonché la partecipazione alle commissioni aperte in diverse regioni. Uno strumento importante per la diffusione di prassi operative virtuose. La pubblicazione del decreto può rappresentare, dunque, un elemento significativo per la promozione e l'applicazione di prassi operative virtuose in un settore certamente complesso come quello del montaggio e dello smontaggio dei palchi. Eventi gravi come quelli di Trieste e Reggio Calabria colpiscono fortemente l'opinione pubblica proprio perché collegati ad artisti famosi e portatori di messaggi positivi. La speranza, pertanto, è che il provvedimento – anche perché indirettamente “veicolato” dalla relazione con personaggi tanto amati – possa trovare adesso una diffusione estesa e radicata, richiamando in primis la responsabilità sociale delle imprese nel fare sì che fenomeni importanti di aggregazione e intrattenimento non possano essere separati dalla tutela dei diritti e della loro salute e sicurezza di quei lavoratori che, con la loro opera e il loro intervento, li garantiscono. -Fonte Inail (LS)

domenica 14 dicembre 2014

INAIL- Palchi sicuri: Linee guida e formazione a tutela della salute degli operatori


L'articolo che segue è frutto del lavoro realizzato da INAIL. Esperti a confronto in occasione del secondo seminario nazionale di Trieste, dedicato alla memoria del giovane operaio Francesco Pinna. Presto l’emanazione di un decreto che raccoglierà le linee guida elaborate nel gruppo coordinato dal ministero del Lavoro e che ha visto la fattiva collaborazione dell’Inail. TRIESTE – Una strategia di carattere strutturale e in grado di intervenire lungo tutte le direttrici di un settore per sua natura complesso: dalla promozione di specifiche linee guida per i committenti agli investimenti nella formazione degli operatori, alla verifica dell’idoneità di tutti i soggetti coinvolti. Questa la strategia operativa sollecitata dall’Inail nel corso del secondo seminario nazionale “La sicurezza nel montaggio e smontaggio dei palchi per lo spettacolo”, tenuto lo scorso 13 dicembre presso il teatro Verdi di Trieste. L’evento – organizzato dall’Istituto insieme al Comune di Trieste, all’Asl e alla Regione autonoma Friuli Venezia Giulia – è stato dedicato alla memoria di Francesco Pinna, il giovane operaio che, il 12 dicembre 2011, perse la vita al PalaTrieste a causa del crollo del palco dove avrebbe dovuto svolgersi il concerto di Jovanotti. L’urgenza di una regolamentazione dedicata e condivisa. “Quello del montaggio e smontaggio dei palchi è un settore lavorativo caratterizzato da forti peculiarità – ha sottolineato il direttore Inail Friuli Venezia Giulia, Carmela Sidoti – tali da richiedere una regolamentazione dedicata e possibilmente condivisa, finalizzata ad aumentare i livelli di sicurezza per i lavoratori dello spettacolo. L’obiettivo è pervenire a linee guida che riescano a sintetizzare le conoscenze tecniche, giuridiche e di organizzazione del lavoro che fungano da punto di riferimento per i committenti”. Un risultato – secondo Sidoti – che deve rappresentare “solo il punto di partenza per avviare un investimento sulla formazione per i lavoratori del settore che consenta un’analisi, ma anche un’auto-analisi, sulla percezione del rischio in un settore dove sono particolarmente significativi i rischi da interferenza”. In un palco spesso coinvolte decine di aziende e di operai. Per comprendere l’oggettiva complessità di questa realtà basti pensare che il committente dell’evento non è il proprietario dell’area dove viene realizzata la struttura e che lo stesso palco, nel corso di un tour, può essere soggetto a varianti in corso d’opera per ragioni artistiche e/o funzionali allo spettacolo. Ancora, le fasi di montaggio e smontaggio possono vedere la presenza contemporanea di una pluralità di imprese e l’impiego di decine di uomini (spesso di nazionalità diverse) con tempi di realizzazione dell’opera strettissimi. Per non parlare di aspetti problematici quali: il lavoro in altezza ad alta specializzazione, l’uso di impianti di sollevamento e di tecnologie per l’illuminazione, l’audio e l’apparto scenico in genere di ultima generazione. Una strategia di intervento articolata sul territorio e a livello centrale. Proprio in risposta a queste problematiche, l’Inail ha mobilitato tutte le proprie forze e professionalità per cercare di dare una risposta organica al problema. Così dopo la tragica morte di Francesco Pinna l’Istituto a Trieste è stato fra i promotori di un tavolo tecnico – insieme a Prefettura, Azienda per i servizi sanitari (Ass.1), Direzione territoriale del lavoro, Comune e parti sociali – per attivare un percorso di prevenzione basato sulla conoscenza dei rischi e sulla diffusione di buone pratiche atte a prevenire gli infortuni in questo campo. L’ampiezza e l’importanza della materia hanno successivamente fatto confluire i risultati raggiunti dal gruppo di lavoro locale nelle attività di un più ampio gruppo a livello nazionale, coordinato dal ministero del Lavoro. Il forte interesse di tutti gli addetti del settore. I risultati di questa attività sono stati illustrati, sempre a Trieste, il 13 dicembre dell’anno scorso, in occasione del primo seminario nazionale organizzato da Ass 1, Inail e Comune di Trieste. L’ampia partecipazione e il forte riscontro ottenuto da un’ampia compagine di addetti – imprenditori, sindacati, associazioni di categoria e professionisti del settore – ha spinto gli enti promotori a riproporre l’evento: anche per dare ampia rilevanza pubblica ai futuri indirizzi normativi che vedranno il recepimento dei contenuti delle linee guida in un decreto legislativo ad hoc. Il provvedimento previsto dal “Decreto del fare”. Il provvedimento, infatti, è disposto ai sensi delle recentissime modifiche apportate all’art. 88 del dlgs 81/08 ( “Testo unico sulla sicurezza sul lavoro”) dal cosiddetto “Decreto del fare” (dl n. 69/2013), là dove si prevede l’emanazione di uno specifico decreto interministeriale entro il 31 dicembre di quest’anno. Come recita la norma, il legislatore ha stabilito che le disposizioni del Testo unico vengano applicate “agli spettacoli musicali, cinematografici e teatrali e alle manifestazioni fieristiche tenendo conto delle particolari esigenze connesse allo svolgimento delle relative attività (…)” Data, naturalmente, l’attuale ristrettezza di tempi è probabile ritenere che l’emanazione del provvedimento possa slittare ai primi mesi del 2014. La formazione momento essenziale per la crescita professionale. Se le linee guida potranno rappresentare una “bussola” di riferimento per tutti gli operatori interessati, un altro fattore determinante per la prevenzione è rappresentato dalla formazione. Anche in quest’ambito l’Inail si è mosso da subito con interventi dal forte carattere operativo: a cominciare dal corso di 40 ore (sia di carattere teorico che pratico) organizzato dalla sede toscana dell’istituto – in collaborazione con la facoltà di Architettura dell’Università di Firenze e con il contributo di organismi specializzati del settore – e che, quest’anno, ha fatto tappa a Livorno, Grosseto e Firenze. Intervenendo al seminario di Trieste, Luigi Cortis, del dipartimento Tecnologie di sicurezza dell’Inail, ha espresso, così, l’auspicio che questa iniziativa tracci il corso per interventi futuri caratterizzati dall’approccio alla formazione come momento essenziale di crescita professionale e di prevenzione, impedendo il rischio di una svalutazione a riduttivo strumento di business. Fonte INAIL (ls)

mercoledì 10 dicembre 2014

La riunione periodica

In questi giorni mi sono imbattuto in una discussione su Linkedin riguardante il tema della riunione periodica. L'oggetto della discussione stava sull'obbligo o meno della presenza del datore di lavoro. La domanda di Francesco Volta era la seguente: "L'art. 35 TU consente che alla riunione annuale, partecipi un "rappresentante" del datore di lavoro. Deve esserci una delega formale ex art. 16 TU? O è sufficiente una carta tipo delega per riunione condominiale? Lo chiedo perchè vedo che in questi casi, in cui partecipano i "rappresentanti" più disparati (ufficio personale, controllo qualità, manutenzione...), il risultato è un verbale di riunione poco utile e per la maggior parte dei casi, "vuoto" di contenuti. Il rappresentante in tali casi non ha alcuna competenza in materia di sicurezza sul lavoro. Cosa ne pensate?". Ci sono state diverse risposte, a mio parere tutte interessanti e vista l'importanza che attribuisco all'argomento ritengo utile fare un approfondimento. Nelle aziende e nelle unità produttive che occupano più di 15 lavoratori, il datore di lavoro, direttamente o tramite il servizio di prevenzione e protezione dei rischi, indice almeno una volta all'anno una riunione (art.35 D.Lgs.81/08) cui prendono parte: il datore di lavoro o un suo rappresentante; il responsabile del servizio di prevenzione e protezione; il medico competente; i rappresentanti dei lavoratori per la sicurezza. Nella riunione è compito del datore di lavoro presentare all'esame dei partecipanti i seguenti temi: il documento di valutazione dei rischi; l'andamento degli infortuni, delle malattie professionali e della sorveglianza sanitaria compresa quella che riguarda il lavoro stress correlato; i criteri di scelta, le caratteristiche tecniche e l'efficacia dei DPI; i programmi di informazione e formazione. Durante la riunione attraverso un lavoro di analisi di tutti i partecipanti possono essere individuati codici di comportamento e buone prassi ai fini della prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali nonchè possono essere fissati obiettivi per il miglioramento della sicurezza complessiva. La riunione, sempre in base all'art. 35 del TU ha altresì luogo in occasione di eventuali significative variazioni delle condizioni di esposizione al rischio, compresa la programmazione e l'introduzione di nuove tecnologie ( come l'acquisto o il noleggio di nuovi proiettori motorizzati o nuovi motori per il sollevamento di americane o scenografie) che hanno ripercussioni sulla salute e sicurezza dei lavoratori. E' facoltà del rappresentante dei lavoratori della sicurezza (RLS) chiedere la convocazione di una riunione. La redazione di un verbale è fondamentale sia per successive consultazioni ma soprattutto per eventuali controlli da parte degli organismi di vigilanza. Ma cercando di rispondere alla domanda posta da Francesco Volta chi può essere il rappresentante del datore di lavoro alla riunione annuale? Concordo con il commento di Stefano Fasola, sempre su Linkedin, che ritiene che esso dovrà essere una persona competente, che conosca bene la gestione della sicurezza in azienda. In caso contrario potrebbe prefigurarsi - in un ipotetico giudizio - l'inadeguatezza della persona incaricata, cioè l' "imperizia" e il suo datore di lavoro avrebbe commesso una "culpa in eligendo", cioè la scelta di una persona che non ha i requisiti di competenza necessari.

martedì 9 dicembre 2014

I Sistemi di Gestione della Salute e Sicurezza sul Lavoro (SGSL). La loro efficacia nella gestione delle problematiche aziendali

I sistemi di gestione della salute e sicurezza (SGSL), ossia l’utilizzo di modelli organizzativi in grado di gestire le problematiche aziendali legate alla salute e sicurezza sul lavoro, sono negli ultimi anni oggetto di grande interesse in Italia grazie anche alla crescente attenzione mediatica legata agli infortuni sul lavoro ed al richiamo fatto dall’art. 30 del D.lgs 81/08 in tema di responsabilità amministrativa delle imprese (D.lgs 231/01). In questo lavoro affronteremo i Sistemi di Gestione della salute e sicurezza sul lavoro maggiormente diffusi come il BS OHSAS 18001 del 2007 e le Linee guida UNI INAIL del 2001. Un tema poco affrontato che potrebbe generare equivoci riguarda la differenza tra Modelli Organizzativi e Sistemi di Gestione. Un Modello Organizzativo deve prevedere imprescindibilmente sia un sistema sanzionatorio sia un Organismo di Vigilanza. Tra i contenuti minimi necessari al Modello organizzativo deve esserci un Organismo che vigili sul funzionamento, l’osservanza e l’aggiornamento del Modello come previsto dall’art. 6, comma 1, lettera d), del D.Lgs. 231/01. Nei Sistemi di Gestione queste due parti non sono presenti e come vedremo il rilevamento delle non conformità non prevede sanzioni. Lo stesso riesame del Sistema può essere svolto all’interno dell’azienda dove il Responsabile del Sistema di Gestione può anche coincidere con il Responsabile della sicurezza e della prevenzione. Il crescente numero di aziende che adottano SGSL è arrivato in seguito all’introduzione dell’art. 30 del D.Lgs. 81/08 che prevede l’esonero della responsabilità amministrativa degli Enti nel caso in cui ne adottino uno. il D.Lgs. 8 giugno 2001 n. 231 ha introdotto nel nostro ordinamento una nuova forma di responsabilità amministrativa a carico degli Enti e questo ha inevitabilmente determinato la necessità di procedere ad un’attenta riflessione sul sistema organizzativo societario; questo in ragione delle conseguenze che un’azienda può subire in occasione di determinati tipi di reati da parte di soggetti apicali o dipendenti. La responsabilità amministrativa si verificherà nel caso in cui il comportamento illecito abbia determinato un vantaggio per l’azienda o sia comunque stato realizzato nel suo interesse in quanto sono esclusi, per espressa previsione legislativa, tutti quei comportamenti che sono ascrivibili al mero interesse di colui che li compie e che pertanto non hanno ripercussioni sulla società di appartenenza. Nel caso si verifichi un reato di omicidio colposo o lesioni colpose gravi o gravissime, ascrivibili a membri della Società in violazione delle norme antinfortunistica, sono adesso previste secondo il nuovo ordinamento sanzioni pecuniarie che possono arrivare fino a 1,5 milioni di euro oltre l’interdizione dell’esercizio dell’attività (fino ad 1 anno) e il divieto di avere rapporti lavorativi con la Pubblica Amministrazione. La prima sentenza emessa in Italia, che vede un Tribunale condannare delle società per la violazione delle norme antinfortunistica, fornendo una serie di importanti indicazioni sull’applicazione del D.Lgs. 231/01, è quella del giudice unico di Trani. L’11 gennaio 2010 viene emessa la condanna nei confronti di tre persone fisiche nonché pesantissime sanzioni nei confronti di tre società per la sciagura del 3 marzo 2008 nella quale, alla Truck Center di Molfetta, persero la vita 5 persone durante la pulizia di una cisterna. Una delle società coinvolte (la FS logistica), condannata al massimo della pena, era dotata di un Sistema di Gestione che nell’interpretazione del Giudice era inadeguato su un passaggio chiave: le regole previste per la copertura dei rischi si applicavano solo nei confronti dei dipendenti della società, escludendo quei lavoratori di altre imprese che entravano in contatto la società. Il D.Lgs. 231 prevede l’esonero dalla responsabilità amministrativa nel caso in cui l’azienda dimostri di avere adottato ed efficacemente attuato un modello di organizzazione, gestione e controllo idoneo a prevenire i reati contemplati dalla legge. E’ importante considerare che l’adozione di un modello non pregiudica automaticamente l’ente dalla sua responsabilità ma sarà il Giudice penale, che muoverà l’indagine cercando di verificare se il modello contiene i requisiti indicati nell’art. 30 del D.Lgs. 81/08, ad accertare se quanto indicato nei protocolli sia stato adottato ed efficacemente attuato. Il Sistema di Gestione fungerà da scudo e risponderà chiaramente all’esigenza di difendere la Società nell’ambito del processo penale. Più il sistema risulterà confacente a quanto indicato dall’art. 30 più sarà difendibile. Nel caso in cui il reato sia stato commesso da un dirigente apicale sarà l’azienda che dovrà dimostrare al Giudice la sua mancanza di responsabilità. Solo nel caso in cui il reato verrà commesso da un dipendente allora sarà il Giudice a dover dimostrare se esistono responsabilità o interessi da parte dell’ente. Il Sistema di Gestione non essendo obbligatorio viene adottato in forma volontaria e la sua mancanza non prevede naturalmente nessuna sanzione; La scelta di non dotarsene fa però scattare automaticamente la responsabilità dell’azienda nel momento in cui si verifichi un reato. Nel caso in cui venga adottato un SGSL in base all’art. 6 del D.Lgs. 231 si potrà invocare la clausola di esonero dalla responsabilità e sarà compito dell’azienda provare l’adeguatezza e l’idoneità del proprio Sistema. Con l’introduzione dell’art. 25-septies nel D.Lgs. 231/01, che ingloba gli articoli 589 (omicidio colposo) e 590 (lesioni personali colpose) del codice penale, commesse in violazione della normativa a tutela dell’igiene e della sicurezza sul lavoro, inizia a crescere il numero di aziende che adottano Sistemi di gestione della salute e sicurezza sul lavoro. E’ proprio di questi Sistemi che parleremo di seguito. Con l’art. 30 del D.Lgs. 81/08 il Legislatore, intervenendo in maniera puntuale ad indicarne i contenuti minimi, ha voluto fornire alle imprese una traccia minima da seguire nella predisposizione del Modello stabilendo una serie di elementi che devono necessariamente corredare lo stesso. La prima cosa da dire su un sistema di gestione è che deve essere documentato. La documentazione è fondamentale per ottenere il miglioramento continuo. Per la sua costruzione è necessario procedere ad una accurata analisi dei rischi aziendali che preveda: - la definizione di una mappa documentata, specifica ed esaustiva, dei processi aziendali a rischio; - l’elaborazione di una mappa documentata delle potenziali modalità attuative delle non conformità nelle aree di rischio individuate; - la valutazione della probabilità di accadimento dell’evento e la sua magnitudo. Come vedremo di seguito è parte comune ad ogni Sistema la stesura di una Politica per la Salute e la Sicurezza sul Lavoro. Essa dovrà essere approvata dai maggiori vertici aziendali e diverrà un documento ufficiale che conterrà l’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità della Società nei confronti degli stakeholder, ovvero di tutti coloro che interagiscono con l’azienda. Il Sistema deve avere un responsabile identificabile in una persona fisica. Tale persona può a sua volta avvalersi di un gruppo di collaboratori che si occuperanno delle singole fasi. In questo lavoro tratterò unicamente dei Sistemi di Gestione che si occupano di salute e sicurezza sul lavoro tralasciandone altre tipologie come ISO 9001:2008 sulla qualità e ISO 14001:2004 relativo all’ambiente. I Sistemi di Gestione non necessitano di certificazione (visto che essi non sono obbligatori), ma esistono enti ( in Italia ne troviamo circa 70) che ne certificano la validità. La certificazione ha validità 3 anni e una volta l’anno viene verificata. L’attività di un Organismo certificatore non è ovviamente sostitutiva, né integrativa, a quella delle Autorità competenti. Il Sistema adottato dovrà caratterizzarsi per una spiccata dinamicità e capacità nell’adattarsi alle necessità, venendo di volta in volta aggiornato e migliorato. La logica è quella del miglioramento continuo. I criteri secondo cui costruire un efficace Sistema sono: • Politica per la Sicurezza e Salute sul Lavoro; • Analisi dei rischi e pianificazione degli obiettivi di miglioramento; • Formazione e consapevolezza; • Partecipazione, consultazione e comunicazione; • Controllo operativo e risposta alle emergenze; • Misura e controllo delle prestazioni; • Audit interni; • Riesame da parte della Direzione. Le dimensioni di un’azienda influiscono sulla complessità del Sistema. In questo senso è utile porsi la domanda su quale sia il ruolo effettivo che un Sistema deve rivestire in relazione alle esigenze, alla struttura ed alle risorse di una impresa di piccole dimensioni. Il British Standard OHSAS 18001: 2007 La norma BS OHSAS 18001 (Occupational Health and Safety Assessment Series) è attualmente il Sistema di Gestione aziendale maggiormente utilizzato in Europa. Esso è finalizzato al controllo e alla riduzione del rischio, alla prevenzione degli infortuni, alla garanzia della conformità legislativa ed al miglioramento continuo delle prestazioni in materia di sicurezza. Questo Sistema è compatibile con gli standard di Sistema di Gestione ISO 9001:2008 sulla qualità e ISO 14001:2004 relativo all’ambiente. Per l’applicazione delle OHSAS 18001 è stata realizzata una linea guida che ha il nome di OHSAS 18002. L’OHSAS 18001 specifica i requisiti che un Sistema di Gestione deve possedere e la sua implementazione è pensata per aziende di qualsiasi tipo e dimensioni e adeguata a diverse condizioni geografiche, culturali e sociali. Il successo del Sistema è strettamente legato all’impegno da parte di tutti i livelli dell’organizzazione, in particolare da parte dei più alti livelli direzionali. La OHSAS 18001 contiene requisiti che possono essere verificati oggettivamente e ogni azienda può adeguare il proprio Sistema al fine di stabilirne uno conforme. Dal momento che tutti i requisiti della OHSAS 18001:2007 sono inclusi nella OHSAS 18002:2008, le aziende possono scegliere di conservare una copia della sola OHSAS 18002 ai fini della certificazione. Il Sistema in oggetto si caratterizza per i seguenti punti: • Politica per la Salute e Sicurezza sul Lavoro • Pianificazione • Attuazione e operatività • Controllo e azioni correttive • Riesame della direzione • Miglioramento continuo Il BS OHSAS 18001/07 specifica i requisiti che deve avere un SGSL, per consentire ad un’ organizzazione di controllare i suoi rischi e di migliorare le sue prestazioni. Esso non fornisce né criteri specifici né requisiti dettagliati per la progettazione di un SGSL. Questo standard è cosi applicabile ad ogni organizzazione che punti ad eliminare o ridurre i rischi per i dipendenti e per le altre parti interessate che potrebbero essere esposte a pericoli legati alle attività dell’azienda; esso ci permette inoltre di: - attuare, mantenere attivo e migliorare con continuità un SGSSL; - garantire conformità con la Politica stabilita; - dimostrare la conformità dello Standard OHSAS attraverso un’autocertificazione. In alternativa è prevista una conferma della sua validità richiedendo un parere scritto ad altri soggetti che hanno un interesse nell’organizzazione come per esempio i clienti. Molte aziende richiedono la certificazione ad una società esterna. Il primo passo da fare è quello di produrre una politica sulla sicurezza, da attuare e mantenere nel tempo, con uno specifico documento, definendo le responsabilità e l’autorità per la sicurezza. La politica per la sicurezza si caratterizza per 8 elementi fondamentali: 1) sia appropriata rispetto alla natura ed entità dei rischi dell’azienda; 2) includa l’impegno a prevenire infortuni e malattie sul lavoro e a migliorare in modo continuativo; 3) il rispetto delle leggi vigenti e delle prescrizioni volontarie sottoscritte dall’azienda; 4) fornisca il quadro di riferimento entro il quale stabilire ed esaminare gli obiettivi; 5) sia documentata, attuata e mantenuta; 6) sia resa disponibile a tutti affinché ne diventino consapevoli; 7) sia resa disponibile a tutte le parti interessate; 8) sia periodicamente riesaminata per mantenerla sempre pertinente e appropriata. Alla definizione della politica, segue la pianificazione che deve identificare i pericoli, valutare i rischi e definire le misure di controllo necessarie. Gli obiettivi devono essere raggiungibili e coerenti, migliorabili nel tempo, concentrati su precise azioni e misurabili. La riduzione dei rischi deve essere attuata prima di tutto prevedendone la loro eliminazione come previsto anche dal D.Lgs. 81/08. Alla fase di pianificazione segue la fase di attuazione e operatività. In questa fase verranno definiti i ruoli, le competenze, le risorse e le attività da svolgere. Verrà programmata la formazione, curata la documentazione e verranno effettuati i controlli al Sistema. La riuscita dell’applicazione del Sistema richiede l’impegno di tutte le persone che lavorano in azienda a cominciare dai più alti livelli della Direzione. Il Responsabile del Sistema di Gestione deve essere un dirigente apicale. Esso può tuttavia delegare alcune delle sue funzioni mantenendo però un coinvolgimento attivo nel riesame periodico e stabilendo in prima persona gli obiettivi del Sistema. Tutti i Dirigenti devono offrire una dimostrazione visibile del loro impegno e del loro coinvolgimento. L’idea che l’azienda deve diffondere è che la Sicurezza è responsabilità di tutti. Segue la fase del controllo. I risultati del Sistema devono essere misurati, monitorati e valutati nella loro efficacia, mediante il monitoraggio e la misura delle prestazioni. L’esame delle conformità ai requisiti di legge ricopre una parte fondamentale e deve essere effettuata con scadenze periodiche. Il Sistema prevede che vengano adottate procedure per registrare, indagare e analizzare gli atteggiamenti pericolosi e di non conformità. Questa procedura deve registrare gli esiti e le conseguenze degli accadimenti nonché la frequenza con cui si manifestano. Ricordiamo che per non conformità intendiamo il mancato soddisfacimento di un requisito. Il principale strumento di controllo sono le verifiche ispettive (audit) interne che devono essere effettuate sia a livello direzionale, con scadenze periodiche, sia a livello operativo con personale aziendale opportunamente addestrato. Gli audit interni forniscono lo strumento per determinare se il Sistema sia conforme a quanto pianificato e se esso sia stato opportunamente implementato e mantenuto attivo. L’ultima fase prevede il riesame della direzione dove i più alti livelli dell’azienda devono riesaminare il Sistema di Gestione, a intervalli programmati, per assicurare che esso continui ad essere appropriato, adeguato ed efficace. Nel riesame devono essere inclusi gli audit interni e le valutazioni di conformità ai requisiti di legge. Devono inoltre essere inclusi i risultati della partecipazione e consultazione dei lavoratori nonché quelle dei soggetti esterni all’azienda. L’OHSAS non prevede un Organismo di Vigilanza ma indica di incaricare come responsabile del sistema un membro tra i più alti livelli direzionali e che esso non sia gravato da altri incarichi operativi. Il dirigente deve essere indipendente e non coinvolto nei processi presi in esame. Per indipendente non si intende esterno all’organizzazione. In molti casi, in particolare nelle piccole organizzazioni, l’indipendenza può essere dimostrata attraverso l’assenza di responsabilità del verificatore per l’attività presa in oggetto. Il membro designato deve: - assicurare che il SGSSL si stabilito, attuato e mantenuto attivo; - assicurare che i report (risultati) siano presentati ai più alti livelli direzionali per essere rivisti e utilizzati come basi per il miglioramento del sistema. Esso può avvalersi di altro personale che abbia la delega della responsabilità del monitoraggio del funzionamento del SGSL. Uno dei pregi del BS OHSAS 18001 è quello di poter essere attuato dal personale interno ad un’ azienda senza l’obbligo di ricorrere a personale esterno. Questo fattore, anche se non di immediata semplicità, è un notevole stimolo per le piccole aziende che vogliono attuarne uno. Le Linee Guida UNI-INAIL 2001 Queste linee guida, redatte nel 2001, da UNI e INAIL e con la partecipazione di numerosi organismi nazionali, rappresentativi di tutte le categorie, sono rivolte alle aziende italiane che decidono volontariamente di adottare un Sistema di Gestione della Sicurezza. Esse offrono informazioni sugli elementi fondamentali sui quali il Sistema si deve basare e sono articolate in modo molto simile alle OHSAS 18001:2007. Le principali fasi del Sistema sono: • Esame iniziale • Politica • Pianificazione e organizzazione • Sensibilizzazione e azione • Monitoraggio • Riesame e miglioramento Il Sistema prevede un monitoraggio interno della sicurezza che si attua in due fasi. Il primo monitoraggio è svolto dalle risorse interne alla struttura, sia in autocontrollo da parte dell’operatore, sia da parte del preposto, ma può comportare, per aspetti specialistici (ad esempio per verifiche strumentali), il ricorso ad altre risorse interne o esterne all’azienda. Il secondo livello di monitoraggio ha lo scopo di stabilire se il Sistema è conforme a quanto è stato pianificato e se esso è correttamente applicato e mantenuto attivo. In questa fase si valuterà l’effettivo raggiungimento degli obiettivi. Il monitoraggio di funzionalità dovrebbe consentire al vertice aziendale l’adozione delle decisioni strategiche di propria competenza, quali ad esempio l’adeguamento della politica. Altro aspetto previsto dal rilevamento è quello relativo alle caratteristiche e alle responsabilità dei verificatori di cui vanno considerati aspetti come la disponibilità in termini di tempo, il livello di esperienza, la necessità di conoscenze specialistiche (o esperienza tecnica) e il livello di formazione. Segue l’aspetto relativo al Piano del monitoraggio in cui l’azienda dovrebbe stabilire le modalità di trattamento delle non conformità tramite l’attribuzione di autorità, responsabilità e risorse necessarie per intervenire tempestivamente. Tali modalità dovrebbero tenere conto della necessità di individuare le cause delle non conformità per la definizione delle opportune azioni correttive. Dopo la conclusione del ciclo di monitoraggio interno ed attraverso il Riesame del Sistema il vertice aziendale dovrebbe sottoporre a riesame le attività per valutare se il Sistema sia adeguatamente attuato e mantenuto idoneo al conseguimento degli obiettivi e della politica stabiliti dall’azienda. In conclusione del riesame, oltre a valutare lo stato di conseguimento degli obiettivi già fissati, il Datore di Lavoro alla luce dei risultati forniti dal monitoraggio del Sistema, dovrebbe stabilire nuovi obiettivi e piani considerando l’opportunità di modificare la politica, le procedure o eventuali altri elementi. Come per l’OHSAS 18001 anche le Linee Guida UNI INAIL definiscono le modalità per individuare, all’interno della struttura organizzativa aziendale, le responsabilità, le procedure, i processi e le risorse per la realizzazione della politica aziendale di prevenzione. Questo SGSL, che prevede naturalmente un’adozione volontaria, potrà avere successo perché: - il monitoraggio viene effettuato preferibilmente da personale interno all’azienda; - non è soggetto a certificazione da parte terza; - è economicamente giustificabile; - si adatta alle specifiche caratteristiche dell’azienda; - migliora le capacità di adattamento all’evoluzione delle leggi, regolamenti e norme di buona tecnica; - non è sottoposto al controllo dell’Autorità di Vigilanza; - coinvolge i lavoratori e i loro rappresentanti nel sistema di gestione. Allo stesso modo dell’OHSAS le responsabilità e la relativa autorità sono definite in coerenza con lo schema organizzativo e funzionale interno all’azienda. Nemmeno in questo caso si fa riferimento ad un Organismo di Vigilanza esterno. Il Datore di lavoro può individuare un soggetto, dotato di adeguata capacità e autorità all’interno dell’azienda, a cui affidare in tutto o in parte il compito, indipendentemente da ulteriori responsabilità aziendali, di coordinare e verificare che il SGSSL sia realizzato in conformità alla Politica stabilita ed alle Linee Guida del Sistema. Queste Linee Guida prevedono che il soggetto incaricato possa coincidere con il Responsabile del servizio Prevenzione e Protezione dell’azienda. Box 2. Titolo Box 2: L’efficacia dei Sistemi di Gestione Per dimostrare l’efficacia dei SGSL è stata effettuata una attenta analisi degli indici infortunistici delle aziende che ne hanno adottato uno certificato ACCREDIA, confrontandoli con gli indici delle aziende omologhe per settore produttivo e territorio di appartenenza (individuato nella ASL) reperite nelle banche dati dell’Istituto. Si è visto che la differenze dell’indice di frequenza infortunistica delle due popolazioni di aziende è statisticamente significativa nell’ordine del 10%. In tutti i gruppi si è riscontrato un generalizzato abbattimento degli indici infortunistici. A fine 2009 il campione delle aziende certificate ammontava indicativamente a circa 1300. L’Inail fornisce alle aziende che vogliono adottare un SGSL due forme di sostegno economico: - gli incentivi alle imprese; - lo sconto sul premio assicurativo. L’ Inail sostiene con forza la certificazione erogata da ACCREDIA distinguendola da quella effettuata da società straniere. Le aziende che scelgono questa via, che è di gran lunga la più affidabile ed efficace, possono ottenere più facilmente sia gli incentivi che lo sconto, perché in queste imprese si presume di avere una necessità minore di effettuare delle verifiche; queste infatti sono già state effettuate da auditor certificati quindi da professionisti di indiscussa competenza. Box 3 Conclusioni La prevenzione è un investimento con ritorni economici reali. Una riflessione sui costi associati agli eventi lesivi può aiutare a comprendere come investire in prevenzione non sia solo un mero adempimento normativo ma abbia un ritorno in termini economici. In Italia il costo complessivo degli infortuni sul lavoro ammonta a circa 47 miliardi di euro. Di questi circa 39 sono spesi dalla collettività, aziende e lavoratori. Il costo per singolo infortunio supera le 50 mila euro. Una maggiore consapevolezza degli alti costi che derivano dagli eventi infortunistici è pertanto un passo indispensabile per comprendere che il miglioramento delle condizioni di lavoro comporta anche un ritorno sul business aziendale.

sabato 6 dicembre 2014

Rapporto Censis e lo spreco del patrimonio culturale

Anche se non strettamente connesso al tema della sicurezza sul lavoro mi sembra importante accennare al rapporto del Censis apparso in questi giorni ed in particolare alla parte che affronta il tema del lavoro nel settore culturale. Secondo il CENSIS l'Italia non spreca solo le sue energie umane migliori, ma anche un patrimonio culturale che pone il nostro Paese al primo posto nella graduatoria dei siti Unesco. Se ne occupano infatti solo 304.000 lavoratori, l'1,3% del totale, la metà di quelli degl Regno Unito (755.000) e della Germania (670.000), ma molto meno anche dei 409.000 della Spagna. I risultati sono evidenti in termini economici: nel 2013 il settore della cultura produceva un valore aggiunto di 15,5 miliardi di euro, contro i 35 miliardi di euro della Germania e i 27 della Francia. Calano anche i consumi culturali interni, visto che gli italiani sono costretti a tagliare su tutto: la quota di chi è andato a visitare un museo o una mostra è passata dal 30,1% del 2010 al 25,9% del 2013, mentre quella di chi ha visitato siti archeologici e monumenti dal 23,2% al 20,7% e di chi ha assistito a uno spettacolo teatrlae dal 22,5% al 18,5%. Alla luce di questo poco sorprendente rapporto voglio esprimere preoccupazione per le difficoltà in cui versa oggi il settore del teatro. I continui tagli al Fondo Unico per lo spettacolo (FUS) e i tagli del personale stabile hanno messo in ginocchio l’intero settore. Lo spettacolo ma soprattutto il teatro vivono grazie ai finanziamenti pubblici ed un paese civile con il più grande patrimonio artistico e culturale del mondo non può venir meno a questo compito. Se però analizziamo la percentuale di PIL che lo Stato italiano destinata alla cultura ci rendiamo subito conto che è nettamente inferiore a quello che destinano gli altri Paesi della UE. Durante il secondo conflitto mondiale fu chiesto a Winston Churchill di tagliare i fondi all’arte per finanziare lo sforzo bellico. La sua risposta fu: “E allora noi per cosa combattiamo?”.