venerdì 29 giugno 2018

Il mestiere del musicista e i rischi alla salute


Il mestiere del musicista e i rischi alla salute
Di Giuseppe Patti


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Il teatro spalanca le porte ad un mondo per certi versi misterioso e spesso non è facile pensare che, in alcuni casi, anche questo mondo può determinare situazioni di pericolo verso chi ci lavora. Infatti, se ci poniamo dinanzi ad una rappresentazione operistica o sinfonica, sforzandoci di osservare con distacco quanto ci viene proposto, non possiamo non cogliere la fusione di attività tecniche ed artistiche altamente specialistiche ed assai differenti fra loro. Se pensassimo di osservare questa realtà focalizzandoci esclusivamente sul prodotto finale non saremmo in grado di cogliere il nesso fra questo e le reali ricadute legate alla sua messa in opera, ossia ai rischi che concretamente comporta per quanti concorrono alla sua realizzazione.

Quando mi è stato chiesto di scrivere un articolo per questa rivista ammetto che il mio primo pensiero è stato quello di correre il rischio di addentrarmi in un terreno minato visto che, essendo il mio campo di interesse quello della salute e sicurezza dei lavoratori, non potevo esimermi di scrivere qualcosa che raccontasse, ai non addetti ai lavori, le connessioni tra lavoratori del settore musicale e rischi alla salute. Invero, e questo si scoprirà addentrandoci nell’articolo, importanti passi avanti sono stati fatti e alcune Fondazioni, come il Teatro alla Scala di Milano, hanno messo in funzione alcune misure di prevenzione tra cui l’apertura di un ambulatorio fisioterapico a disposizione dei lavoratori.

La ricerca dei rischi nel settore musicale ha radice profonde e ci porta indietro fino al 1700 anno in cui, con il De Morbis Artificium, Bernardino Ramazzini fa un esame accurato delle malattie dei lavoratori distinguendo due fattori principali di rischio di cui un primo legato alla qualità delle sostanze manipolate ed un secondo nei movimenti compiuti e nelle posizioni mantenute per un tempo prolungato. Ramazzini, suddividendo i lavoratori in gruppi definiti, studia il lavoro dei “suonatori” annoverandoli nella categoria di “quelli che si ammalano per cause quali la posizione e i movimenti del corpo”. L’associazione tra fattore di rischio e danno o malattia studiata da Ramazzini nasce come sostanziale “valutazione del rischio” in senso epidemiologico da intuizioni e deduzioni logiche che, seppur fondate sulle migliori conoscenze cliniche e sociologiche del tempo, anticipano gli studi epidemiologici di tipo occupazionale del presente. Ai suoi studi attribuiamo l’ormai famosa deduzione che “è più conveniente prevenire le malattie piuttosto che curarle”. Ramazzini fu il primo a teorizzare compiutamente che rimuovere o mitigare quelle cause di malattia poteva essere un vantaggio oltre a rappresentare un dovere sociale.

Di cosa si ammalano i musicisti: considerazioni scientifiche di alcuni medici tedeschi.  

La correttezza del portamento del rachide è alla base della fine esecuzione e si ottiene solo con una presa di coscienza di sé e con l’allenamento quasi di tipo agonistico; il musicista infatti ha necessità di mantenere il rachide eretto in modo tonico per consentire di “liberare le spalle”.

Secondo Gerard Schnack, medico sportivo e specialista in traumatologia chirurgica, è fondamentale correggere il comportamento durante il lavoro e per far questo è essenziale che il medico segua assiduamente il musicista, così come un medico sportivo segue un atleta, attraverso un programma di training intensivo e mirato. Molti medici che hanno in cura i professori d’orchestra prediligono la terapia passiva ricorrendo a pillole, iniezioni, massaggi fino ad arrivare alla messa a riposo della zona dolorante. Queste misure, seppur in un primo momento hanno un effetto benefico, non risolvono il problema. L’indebolimento delle fasce muscolari di sostegno, che si trovano soprattutto nella regione scapolare, porta il violinista a mettere sotto sforzo le fasce muscolari che interessano l’articolazione della spalla che con il tempo si ispessiscono e perdono elasticità, arrivando addirittura a spostarsi verso l’ascella. Lo sbilanciamento muscolare, che deriva dalla posizione anomala assunta dal musicista negli anni, crea come effetto secondario una serie di lesioni della cartilagine. Anche l’avambraccio e la mano sinistra del musicista subiscono una sollecitazione importante: l’avambraccio deve stare in una posizione ben precisa per tutta la durata dell’esecuzione. Altro aspetto riguarda lo sforzo al quale è sottoposto il palmo della mano e, non per ultimo, lo sforzo intenso esercitato dai muscoli flessori delle dita durante il vibrato. Secondo il Dott. Schnack bisogna agire su due fronti: esercizi di estensione massima ed intensa della muscolatura e rafforzamento dei muscoli della schiena che negli anni si sono indeboliti.

Il Dott. Franck Jeschke, in quanto medico dentista e musicista, conosce bene le problematiche che derivano da una prolungata immobilità della persona in una determinata posizione perché si occupa da anni di mioartropie e cioè quei dolori che si avvertono tra la mandibola e la regione testa-collo. Il suo rapporto ci riporta questo fenomeno come somma di due cause del tutto indipendenti tra loro e di cui i violinisti di un’orchestra sembrano esserne particolarmente colpiti. Con il termine mioartropia o disfunzione cranico mandibolare si definiscono quei disturbi cronici che appartengono alla regione della mascella e delle orecchie, delle tempie e della fronte, come pure della nuca e della parte superiore delle spalle, i quali si manifestano con difetto o cattivo funzionamento della masticazione. Questi muscoli, quattro per ogni dente, assieme ad altri, assicurano con il movimento completo dell’articolazione della mandibola funzioni importanti come deglutire, parlare, mimare. Per un violinista alla condizione di stress normale si aggiunge una particolare tendenza della mandibola che è caratteristica quando si tiene lo strumento contro il mento. Quest’ultimo deve continuamente bilanciare con un sottile contrappeso lo strumento e la pressione dell’archetto cercando di mantenere un corretto portamento. Secondo il Dott. Jescchke il violinista “lavora con il mento” e lo capiamo semplicemente osservandolo durante il suo lavoro: la mandibola è quasi sempre in movimento in una posizione non fisiologica che viene determinata da un’altissima concentrazione. E’ appunto una attività parafunzionale, originata da cause quasi anatomiche, che finisce per gravare in modo abnorme sui denti. L’attività compensatoria, in corrispondenza dei muscoli della testa e della nuca, concorre poi a completare il quadro della mioartropia. Portamenti in avanti o all’indietro della spina dorsale sono da attrribuire appunto alle parafunzioni.

Un’altra ricerca degna di nota è sicuramente quella che hanno portato avanti tre medici tedeschi, Gabriele Bowing, Albrecht e Friederich Molsberger, che hanno svolto un’interessante indagine sul comportamento dei musicisti di due orchestre tedesche. I tre medici hanno sottoposto ai musicisti un questionario diviso in quattro sezioni di cui la prima rivolta ad accertare quali dolori muscolari si riscontravano, la seconda quali le loro localizzazioni per ogni singolo gruppo di strumento, la terza per capire a quale tipo di medico si ricorreva prevalentemente, la quarta che capire quali erano gli atteggiamenti nei confronti dei consigli terapeutici. I risultati hanno accertato che il 35% dei musicisti presentava più frequentemente dolori alla nuca, seguito da un 16% di disturbi alla colonna vertebrale e da emicranie (con l’11%). Le localizzazioni dei disturbi, distribuite per gruppi di strumenti, hanno dato indicazioni altrettanto interessanti. Fra i violinisti oltre al rilevante numero di dolori cervicali, alla colonna vertebrale o dovuti ad emicranie, si evidenziavano maggiormente disturbi alle articolazioni della spalla e del gomito. I carichi statici e dinamici dipendono ovviamente dallo strumento musicale. Fra i fattori statici è stata analizzata soprattutto la posizione sedentaria del musicista ed il suo modo di tenere o appoggiare lo strumento. L’attività sedentaria e l’impossibilità di muovere il tronco, provocano un notevole aggravamento del carico sulla colonna vertebrale. Violini e viole reggono lo strumento spingendolo con il mento sulla spalla e questo fa sì che nel corso degli anni la cervice si incurvi con una deformazione caratteristica (kyphosierung) che spiega la frequenza dei disturbi alla nuca e le emicranie.

Da un recente articolo apparso sul quotidiano La Stampa, a cura di Valentina Frezzato, apprendiamo che l’Italia torna oggi ad essere pioniera sullo studio delle malattie dei musicisti.

I ricercatori del Laboratorio di ingegneria del sistema neuromuscolare del Politecnico di Torino hanno condotto uno studio su violinisti, violoncellisti e violisti del conservatorio Vivaldi di Alessandria. Secondo il coordinatore dei ricercatori, Roberto Merletti “chi suona uno strumento musicale a livello professionale svolge una attività fisica molto simile a quella di uno sportivo o di un operaio che lavora ad una linea di montaggio e soffre di patologie neuromuscolari non molto diverse». Movimenti rapidi e precisi, eseguiti in posture non sempre ottimali, ripetuti per ore al giorno, causano inevitabilmente fatica e dolori «e se ignorati - continua - possono costringere il musicista a interrompere la professione».  Gli ingegneri del Politecnico sono stati i primi al mondo a studiare così da vicino i musicisti e per far questo hanno applicato ai loro corpi degli speciali elettrodi che riportano in tempo reale il comportamento dei loro muscoli che secondo i ricercatori «producono segnali elettrici detti elettromiogramma, come l’elettrocardiogramma dal cuore, prelevabili sulla cute tramite griglie di elettrodi applicati come un cerotto». I diversi colori, tendenti al rosso per i muscoli più sollecitati e tendenti al blu per i muscoli sottoposti a meno attività, producono una mappa che consente ai ricercatori di correggere posture o contrazioni in tempo reale.

Il “dovere sociale” partito da Ramazzini nel ‘700 percorre una strada ricca di esperienze, studi e sperimentazioni che oggi ci ritorna con alcuni punti fermi. La sfida che ci attende è quella di mettere a frutto la preziosità delle ricerche passate senza danneggiare il livello e la qualità della musica e dei musicisti.